Scienziati nel Regno Unito e in Cina hanno scoperto che un innovativo farmaco per il diabete di tipo 2 può fornire una protezione significativa contro i danni cerebrali causati dalla malattia di Alzheimer, dopo aver condotto esperimenti su topi.
In un recente articolo pubblicato su una rivista scientifica, i ricercatori hanno illustrato come il farmaco a «tripla azione» abbia portato a un’inversione significativa della perdita di memoria in topi geneticamente modificati per sviluppare una forma di Alzheimer simile a quella umana.
Il nuovo farmaco «promette chiaramente di aprire la strada a un trattamento innovativo per i disturbi neurodegenerativi cronici come il morbo di Alzheimer», afferma il professor Christian Hölscher, leader dello studio e docente presso la facoltà di salute e medicina dell’Università di Lancaster nel Regno Unito.
L’Alzheimer è una malattia devastante per il cervello, responsabile del 50-75% dei casi di demenza, una condizione caratterizzata dalla progressiva perdita delle capacità cognitive, come il pensiero, la memoria, la capacità decisionale, la comunicazione e l’autocura.
Con il progredire della malattia, il cervello subisce cambiamenti biologici e chimici, con specifiche aree che si restringono a causa della morte dei neuroni, le cellule nervose del nostro sistema.
Le cause esatte dell’Alzheimer rimangono ancora sconosciute, ma esami microscopici del tessuto cerebrale colpito hanno identificato due segni distintivi: accumuli anormali di segmenti proteici noti come «placche» e «grovigli».
I trattamenti attuali non fanno davvero la differenza
Il numero di persone affette da malattia di Alzheimer sta crescendo rapidamente con l’invecchiamento della popolazione. Nel 2015, circa 46,8 milioni di persone nel mondo vivevano con demenza, e si prevede che questo numero supererà i 130 milioni entro il 2050.
Negli Stati Uniti, dove l’Alzheimer è attualmente la sesta causa di morte, ci sono circa 5 milioni di persone affette da questa malattia. Si stima che questo numero salirà a 16 milioni entro il 2050, con un incremento significativo dei costi associati.
Nel 2017, il costo delle cure per l’Alzheimer e altre forme di demenza negli Stati Uniti era stimato a 259 miliardi di dollari, con previsioni che indicano un incremento fino a 1,1 trilioni di dollari entro il 2050.
Attualmente non esiste una cura per l’Alzheimer e i trattamenti disponibili non apportano un miglioramento significativo dei sintomi.
La medicina aumenta l’attività di tre fattori di crescita
Il diabete di tipo 2 è una malattia caratterizzata dalla resistenza all’insulina, una condizione in cui le cellule diventano meno sensibili all’insulina, riducendo la loro capacità di assorbire il glucosio dal sangue per utilizzarlo come energia.
Il pancreas compensa producendo più insulina, ma con il tempo non riesce a mantenere il passo e i livelli di glucosio nel sangue aumentano, dando origine a prediabete, diabete e altri problemi di salute.
Il farmaco testato dal Prof. Hölscher e dal suo team è un «agonista del triplo recettore», che attiva le proteine responsabili dei segnali di tre fattori di crescita: il peptide-1 glucagone-simile, il polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente e il glucagone stesso.
Studi precedenti hanno evidenziato che il diabete di tipo 2 rappresenta un fattore di rischio per l’Alzheimer, e sono stati riscontrati problemi nella segnalazione del fattore di crescita nel cervello delle persone affette da questa malattia.
Il nuovo studio è il primo a dimostrare che un agonista del triplo recettore può offrire una protezione contro il danno cerebrale progressivo associato alla malattia di Alzheimer.
«Effetti neuroprotettivi coerenti»
I ricercatori hanno testato il farmaco su topi APP/PS1 anziani, i cui cervelli erano già nelle fasi avanzate di degenerazione. Questi topi sono modelli transgenici progettati per trasportare versioni di geni umani associati a una forma ereditaria di Alzheimer.
In un test di apprendimento con labirinto, i topi trattati hanno mostrato un miglioramento significativo nella formazione della memoria. Inoltre, l’analisi del loro tessuto cerebrale ha rivelato una riduzione delle placche amiloidi, dell’infiammazione e dello stress ossidativo.
I topi trattati hanno mostrato tassi più elevati di generazione di nuove cellule nervose e connessioni tra cellule, con un incremento dei livelli di un fattore di crescita chiamato fattore neurotrofico derivato dal cervello, che svolge un ruolo protettivo per le cellule nervose.
«Questi risultati sono molto promettenti», afferma il professor Hölscher, «e dimostrano l’efficacia di questi nuovi farmaci a più recettori, originariamente sviluppati per trattare il diabete di tipo 2, ma che hanno mostrato effetti neuroprotettivi coerenti in diversi studi».
Egli nota che studi clinici precedenti, che hanno utilizzato una versione più datata dello stesso tipo di farmaco, hanno già mostrato «risultati molto promettenti nelle persone con malattia di Alzheimer o disturbi dell’umore».
I ricercatori credono che i loro risultati possano indicare una direzione «promettente» per la ricerca di nuovi trattamenti per l’Alzheimer.
«Qui dimostriamo che un nuovo farmaco a triplo recettore mostra potenziale come trattamento per l’Alzheimer, ma ulteriori studi per valutare la risposta alla dose e confronti diretti con altri farmaci sono necessari per determinare se questo nuovo trattamento è superiore a quelli già esistenti».
Prof. Christian Hölscher
Prospettive Future e Ricerca Continua
Con l’emergere di studi recenti, diventa sempre più evidente l’importanza di esplorare terapie innovative. La scoperta di questo farmaco a tripla azione non solo rappresenta un passo avanti nel trattamento dell’Alzheimer, ma offre anche spunti per sviluppi futuri. La comunità scientifica è invitata a approfondire ulteriormente questo ambito, integrando ricerche cliniche e studi preclinici per validare i risultati ottenuti.
Inoltre, la combinazione di diversi approcci terapeutici potrebbe rivelarsi fondamentale per affrontare la complessità dell’Alzheimer. I ricercatori stanno già iniziando a esplorare l’uso di questo farmaco in combinazione con altre terapie esistenti, per massimizzare i risultati e migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Infine, è cruciale continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della ricerca sull’Alzheimer e delle malattie neurodegenerative. Solo unendo le forze possiamo sperare di trovare una soluzione duratura a queste condizioni devastanti.