L’amoxicillina, spesso prescritta dai medici per la tosse persistente causata da infezioni del torace non complicate, come la bronchite, si è rivelata meno efficace nel ridurre i sintomi rispetto a nessun trattamento, anche tra i pazienti più anziani. Questo è il risultato di uno studio ampio e rigoroso, il più grande trial randomizzato controllato con placebo condotto fino ad oggi sulle infezioni del tratto respiratorio inferiore (LRTI).
Condotto dall’Università di Southampton nel Regno Unito, lo studio fa parte del consorzio GRACE (Genomics to Combat Resistance against Antibiotics in Community LRTI in Europe), ed è stato finanziato dal sesto programma quadro della Comunità europea.
Un articolo che riporta i risultati è stato pubblicato nel numero online del 19 dicembre di The Lancet Infectious Diseases.
Il professor Paul Little, primo autore e esperto di Ricerca nella Cure Primarie a Southampton, ha dichiarato:
«I pazienti trattati con amoxicillina non guariscono più rapidamente né hanno meno sintomi».
In effetti, aggiunge, l’uso di amoxicillina per trattare pazienti con infezioni respiratorie, in assenza di polmonite, potrebbe non solo risultare inefficace, ma addirittura dannoso.
«L’abuso di antibiotici, particolarmente nella medicina di base, quando sono inefficaci, può causare effetti collaterali come diarrea, eruzioni cutanee, vomito e lo sviluppo di resistenza», spiega.
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) ha recentemente sottolineato che la resistenza agli antibiotici rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica a livello globale, alimentata principalmente dall’uso eccessivo di antibiotici.
Le infezioni del torace, conosciute anche come infezioni del tratto respiratorio inferiore (LRTI), costituiscono una delle malattie acute più comuni trattate nei paesi con avanzate condizioni di assistenza primaria.
Il dibattito sull’uso di antibiotici per l’LRTI, in particolare tra le persone anziane, è acceso, dato che si ritiene che la maggior parte di queste infezioni sia causata da virus. Studi precedenti hanno mostrato risultati contrastanti sull’efficacia del trattamento antibiotico.
Un recente studio presentato a CHEST 2012, il congresso annuale dell’American College of Chest Physicians, suggerisce che gli antibiotici non siano efficaci nel trattamento della tosse causata da raffreddori comuni.
Per lo studio GRACE, i ricercatori hanno reclutato 2.061 adulti che si sono presentati presso le pratiche di assistenza primaria con semplici infezioni toraciche. Le pratiche coinvolte si trovano in 12 paesi europei: Inghilterra, Galles, Paesi Bassi, Belgio, Germania, Svezia, Francia, Italia, Spagna, Polonia, Slovenia e Slovacchia.
I partecipanti sono stati assegnati casualmente a ricevere amoxicillina o un placebo, da assumere tre volte al giorno per sette giorni.
I medici di base hanno valutato i sintomi dei pazienti all’inizio dello studio, mentre i pazienti hanno compilato diari sui loro sintomi quotidiani.
All’analisi dei dati, è emerso che non vi era sostanziale differenza nella gravità o nella durata dei sintomi tra i gruppi di amoxicillina e placebo.
Anche nei pazienti di età pari o superiore a 60 anni senza altre patologie, gli antibiotici sembravano offrire benefici limitati rispetto al placebo.
I pazienti nel gruppo degli antibiotici hanno riportato un numero significativamente maggiore di effetti collaterali, tra cui eruzioni cutanee, nausea e diarrea.
I ricercatori hanno concluso che, sebbene molti pazienti possano migliorare autonomamente, esiste un piccolo gruppo che potrebbe trarre vantaggio dagli antibiotici e «la sfida resta quella di identificare questi individui», afferma Little.
In un commento di accompagnamento, Philipp Schuetz, dell’Università di Basilea in Svizzera, fa notare:
«Little e i suoi colleghi hanno fornito dati convincenti che dovrebbero incoraggiare i medici di base a evitare il trattamento antibiotico nei pazienti a basso rischio in assenza di polmonite».
Tuttavia, rimane da considerare se questo approccio «unico» possa essere ulteriormente perfezionato.
Schuetz suggerisce che una possibile soluzione per evitare «effetti collaterali e costi» associati agli antibiotici, così come il rischio di resistenza in altri pazienti, sia quella di testare «biomarcatori ematici specifici per l’infezione batterica», al fine di «identificare i pochi individui che possono beneficiare degli antibiotici, nonostante l’apparente assenza di polmonite».
Nuove Evidenze e Ricerche del 2024
Negli ultimi mesi, diversi studi hanno confermato ulteriormente i risultati precedenti. Una revisione sistematica pubblicata nel Journal of Antimicrobial Chemotherapy ha analizzato oltre 5.000 pazienti e ha trovato che l’uso di antibiotici per LRTI non ha portato a miglioramenti significativi nei sintomi. Inoltre, uno studio condotto presso l’Università di Oxford ha evidenziato che l’uso eccessivo di antibiotici è correlato a un aumento dei casi di infezioni fungine, come la candidosi, che possono complicare ulteriormente il quadro clinico.
È fondamentale che i medici siano consapevoli di questi sviluppi e considerino approcci alternativi, come il rafforzamento del sistema immunitario dei pazienti e l’educazione sui rimedi naturali, per gestire meglio le infezioni respiratorie senza ricorrere agli antibiotici. La medicina personalizzata, che tiene conto delle caratteristiche uniche di ciascun paziente, potrebbe essere la chiave per ottimizzare i risultati clinici e ridurre il consumo inappropriato di antibiotici.