Bassi Livelli di Glucosio nel Cervello e Rischio di Alzheimer

Il nostro cervello funziona con lo zucchero e una nuova ricerca collega la mancanza di glucosio con compromissione cognitiva tipica della malattia di Alzheimer e della demenza. Inoltre, i ricercatori potrebbero aver identificato un nuovo target di farmaci per il trattamento della malattia neurodegenerativa.

Immagine che mostra i bassi livelli di glucosio nel cervello potrebbero innescare l'Alzheimer.

Oltre 5 milioni di persone negli Stati Uniti vivono con il morbo di Alzheimer. Prima di sviluppare la malattia in forma conclamata, molti di questi pazienti iniziano a sperimentare una lieve forma di compromissione cognitiva.

Questa può includere problemi con il ragionamento, il giudizio o la memoria che sono superiori alla norma, ma non interferiscono con le attività quotidiane.

Studi recenti hanno suggerito che anche prima dei primi segni di deterioramento cognitivo, i livelli di glucosio nel cervello iniziano a calare.

Il glucosio è fondamentale per un buon funzionamento cognitivo. In effetti, il nostro cervello si affida quasi completamente a questa fonte di energia, utilizzando circa la metà dello zucchero presente nel nostro corpo per alimentare il ragionamento, la memoria e l’apprendimento.

Nuove ricerche – guidate dal dott. Domenico Praticò, professore presso il Center for Translational Medicine della Lewis Katz School of Medicine alla Temple University di Philadelphia, PA – esplorano più a fondo l’impatto che la privazione di glucosio ha sul cervello.

I risultati sono stati pubblicati su riviste scientifiche di rilevanza internazionale.

Studiare l’impatto della deprivazione di glucosio sul cervello

Il dott. Praticò ha dimostrato in uno studio precedente che, per compensare la privazione del glucosio, il cervello produce la proteina chiamata tau fosforilata.

Questa proteina tau genera i cosiddetti grovigli – «griglie» di fibre contorte che ostacolano il trasporto di nutrienti attraverso i neuroni. Alla lunga, questi grovigli portano alla morte delle cellule cerebrali. Un numero maggiore di grovigli tau è solitamente associato a una maggiore gravità di Alzheimer e demenza.

Il precedente studio del Dr. Praticò ha analizzato questo meccanismo in vitro, dimostrando che l’accumulo di tau avviene tramite la via della chinasi P38.

In questa nuova ricerca, il team ha esaminato il meccanismo della fosforilazione tau come risposta alla deprivazione di glucosio in vivo, utilizzando un modello murino.

Il dott. Praticò e i suoi colleghi hanno utilizzato topi geneticamente modificati per replicare i problemi di memoria e la patologia tau tipica della malattia di Alzheimer.

Quando i topi avevano 4 o 5 mesi, alcuni di loro ricevevano dosi di 2-desossiglucosio (DG), un composto chimico che impedisce al glucosio di entrare nella cellula e di essere trasformato in energia.

I topi sono stati iniettati con questa sostanza per diversi mesi e alla fine sono stati testati per la funzione cognitiva tramite test di labirinto, per valutare memoria e apprendimento.

Chinasi P38 direttamente associata a compromissione della memoria

I topi privi di glucosio hanno mostrato risultati significativamente peggiori nei test cognitivi rispetto a quelli che non avevano ricevuto DG.

In aggiunta, una valutazione microscopica del cervello dei topi ha rivelato che i neuroni privi di glucosio presentavano un funzionamento sinaptico anormale. La codifica e l’archiviazione della memoria erano compromesse, poiché le sinapsi interneurali non riuscivano a comunicare efficacemente tra loro.

I ricercatori hanno anche riscontrato alti livelli di tau fosforilata e un numero elevato di cellule morte nel cervello dei topi trattati con DG.

Seguendo la precedente ricerca del dott. Praticò, il team ha esaminato l’attivazione di P38, scoprendo che era direttamente correlata ai deficit di memoria.

«I risultati sono molto interessanti,» afferma il dott. Praticò. «Ora abbiamo molte evidenze che suggeriscono che la P38 sia coinvolta nello sviluppo della malattia di Alzheimer».

Secondo lui, i risultati supportano l’idea che anche piccoli episodi di deprivazione di glucosio cronica possano danneggiare il cervello. «C’è una forte probabilità che questi episodi siano legati al diabete, una condizione in cui il glucosio non riesce ad entrare nella cellula. L’insulino-resistenza nel diabete di tipo 2 è un noto fattore di rischio per la demenza», spiega il dott.

Gli autori concludono osservando che questa è la prima volta che uno studio ha fornito «prove sperimentali in vivo» che la deprivazione di glucosio nel cervello – tramite l’attivazione della via della chinasi P38 – innesca il deterioramento della memoria e cognitivo, problemi di comunicazione sinaptica tra neuroni e morte neuronale.

Commentano inoltre le potenzialità terapeutiche, poiché per la prima volta la P38 è stata identificata come un potenziale nuovo target farmacologico per il morbo di Alzheimer:

«I farmaci che prendono di mira questa chinasi nel cervello potrebbero rappresentare un approccio terapeutico efficace per il trattamento sia della malattia di Alzheimer che delle tauopatie correlate, per le quali l’uso compromesso del glucosio è un fattore di rischio accertato».

«È un percorso veramente promettente per la ricerca», aggiunge il dott. Praticò. «Un farmaco che prenda di mira questa proteina potrebbe portare enormi benefici per i pazienti».

Scopri come gli scienziati stanno lavorando per fermare e invertire i danni cerebrali correlati all’Alzheimer nei topi.

Nuove Prospettive e Ricerche Future

Nel 2024, la ricerca continua a focalizzarsi sul legame tra glucosio e salute cerebrale. Studi recenti hanno evidenziato come anche brevi periodi di ipoglicemia possano avere effetti duraturi sulla funzione cognitiva. Inoltre, è emerso che interventi dietetici mirati, come l’aumento dell’assunzione di carboidrati complessi, possono contribuire a migliorare i livelli di glucosio nel cervello e, di conseguenza, a preservare la funzione cognitiva negli anziani.

In parallelo, la comunità scientifica sta esplorando nuovi farmaci che possano modulare la via della chinasi P38, con l’obiettivo di prevenire i danni neuronali associati alla malattia di Alzheimer. Recenti trial clinici hanno mostrato risultati promettenti, suggerendo che un approccio precoce e mirato potrebbe fare la differenza nel rallentare la progressione della malattia. Con l’aumento della consapevolezza riguardo al diabete e ai suoi effetti sul cervello, è essenziale continuare a investigare questi legami per sviluppare strategie preventive efficaci.

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