Benefici del Ciclismo per i Pazienti di Parkinson

Pedalare su biciclette stazionarie può rivelarsi estremamente vantaggioso per le persone affette dal morbo di Parkinson, in particolare se si impegnano a pedalare con intensità e velocità. Questo è quanto emerso da un recente studio presentato in un incontro scientifico negli Stati Uniti, dove i ricercatori hanno scoperto che il ciclismo, soprattutto a ritmi superiori a quelli che i pazienti avrebbero scelto autonomamente, sembra stimolare in modo più efficace le aree del cervello responsabili del movimento.

I risultati di questo studio sono stati divulgati lunedì scorso durante l’Assemblea scientifica della Radiological Society of North America, svoltasi a Chicago.

Morbo di Parkinson

Circa 7-10 milioni di persone nel mondo vivono con il morbo di Parkinson, una malattia neurologica progressiva e cronica che porta a un progressivo deterioramento di specifiche aree cerebrali nel corso degli anni. I principali sintomi della malattia riguardano il movimento e comprendono tremori, rigidità muscolare e difficoltà motorie, note come bradicinesia.

La maggioranza dei casi si manifesta dopo i 50 anni e, con il progredire della malattia, possono insorgere anche problematiche cognitive e comportamentali, inclusa la demenza.

Idea per lo studio iniziato su un giro di beneficenza

Il ricercatore principale dello studio, Jay L. Alberts, neuroscienziato presso il Cleveland Clinic Lerner Research Institute, ha avuto l’illuminazione sull’importanza dell’esercizio fisico per i pazienti affetti da Parkinson durante un giro di beneficenza in Iowa nel 2003, volto a sensibilizzare sull’argomento. Durante quell’evento, ha pedalato su una bicicletta tandem con una paziente di Parkinson, notando un miglioramento dei suoi sintomi dopo il percorso.

In una dichiarazione, Alberts ha descritto la sua scoperta come «fortuita», ricordando:

«Pedalavo più veloce di lei, costringendola a spingere di più, e ho notato miglioramenti nella sua funzionalità degli arti superiori. Da lì, abbiamo cominciato a indagare i meccanismi alla base di questa funzionalità migliorata.»

Cosa hanno fatto i ricercatori

Per il loro studio, Alberts, il co-ricercatore Chintan Shah e il team della Cleveland Clinic hanno utilizzato la risonanza magnetica connettività funzionale (fcMRI) per analizzare l’effetto dell’esercizio su 26 pazienti di età compresa tra 30 e 75 anni, affetti da malattia di Parkinson lieve o moderata.

L’fcMRI consente di misurare i cambiamenti dei livelli di ossigeno nel sangue nel cervello, permettendo ai ricercatori di osservare le interazioni tra le diverse aree cerebrali e il loro grado di connessione, spiega Shah.

I pazienti sono stati assegnati casualmente a uno dei due gruppi: un gruppo (13 pazienti) ha pedalato al proprio ritmo volontario, mentre l’altro gruppo ha pedalato a un ritmo forzato.

Entrambi i gruppi hanno completato sessioni di allenamento su cyclette tre volte a settimana per 8 settimane. Le scansioni MRI sono state effettuate all’inizio e alla fine del periodo, e anche dopo un follow-up di quattro settimane.

Il gruppo a ritmo forzato utilizzava biciclette dotate di motori controllati per mantenere una velocità superiore a quella volontaria, come spiega Alberts:

«Abbiamo sviluppato un algoritmo per gestire un motore sulla bici e utilizzato un controller per monitorare la velocità di esercizio del paziente, regolando il motore in base ai loro input».

Quello che hanno trovato

Combinando i dati dell’fcMRI, il team ha calcolato i livelli di attivazione cerebrale e connettività, correlandoli con i tassi medi di pedalata.

È stata osservata un’aumento della connettività legata al compito tra la corteccia motoria primaria e la regione posteriore del talamo cerebrale, concludendo che il ritmo di pedalata accelerato era il fattore cruciale per questi miglioramenti, i quali si sono mantenuti anche durante il follow-up.

Alcuni di questi risultati mostrano somiglianze con i pattern di attivazione cerebrale osservati durante la stimolazione cerebrale profonda, un trattamento costoso e invasivo riservato ai pazienti con Parkinson in stadio avanzato.

Terapia efficace, a basso costo

Shah afferma che «l’esercizio della bicicletta a ritmo forzato rappresenta una terapia efficace e a basso costo per il morbo di Parkinson».

Tuttavia, Alberts sottolinea che, anche se la pedalata a velocità forzata sembra portare a risultati migliori, non tutti i pazienti di Parkinson necessitano di esercitarsi a tale velocità per notare un miglioramento:

«Stiamo osservando questo fenomeno in pazienti che utilizzano cyclette nelle loro abitazioni, e altre attività come nuoto e canottaggio su macchine tandem possono offrire benefici simili», aggiunge.

Nuove Prospettive per il Futuro

Negli ultimi anni, la ricerca sul morbo di Parkinson ha fatto significativi progressi, con l’emergere di nuovi approcci terapeutici. Recenti studi hanno evidenziato l’importanza della neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di adattarsi e riorganizzarsi in risposta all’attività fisica. Inoltre, l’integrazione di tecnologie indossabili per monitorare l’attività fisica e le condizioni neurologiche offre nuove opportunità per personalizzare i programmi di esercizio.

Nel 2024, la comunità scientifica sta investendo nella sperimentazione di terapie combinate che uniscono esercizio fisico, interventi nutrizionali e tecniche di riabilitazione cognitiva per massimizzare i benefici per i pazienti. Studi recenti indicano che l’attività aerobica, come il ciclismo, non solo migliora il dominio motorio, ma potrebbe anche contribuire a ritardare l’insorgenza di sintomi cognitivi.

In conclusione, il ciclismo a ritmo forzato si sta affermando come una promettente strategia terapeutica per i pazienti affetti da Parkinson, non solo per migliorare la loro qualità di vita, ma anche per stimolare un cambiamento positivo nel loro stato neurologico.

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