Scienziati dell’Università di Southampton, nel Regno Unito, hanno fatto una scoperta che migliora la nostra comprensione delle barriere di controllo della pressione arteriosa. Si prevede che il risultato porti a trattamenti migliori per malattie cardiovascolari o cardiache.
Guidati dal dottor Graham Burdge, Reader in Human Nutrition a Southampton, gli scienziati riportano il loro studio nel numero di aprile di PLoS ONE. La ricerca è stata finanziata dalla British Heart Foundation (BHF), e il professor Mark Hanson del BHF è uno dei coautori.
L’ipertensione arteriosa è un fattore di rischio nello sviluppo di malattie cardiache, un crescente problema di salute pubblica che è stato responsabile di una morte su tre nel Regno Unito nel 2009.
Burdge ha dichiarato alla stampa:
«Scoprire un nuovo processo che controlla come funzionano le arterie e scoprire che può essere modificato in laboratorio aumenta la possibilità di sviluppare nuovi farmaci che potrebbero portare a metodi migliori per il trattamento delle malattie cardiovascolari».
Le arterie controllano la pressione sanguigna bilanciando due processi: uno che restringe la parete arteriosa e un altro che lo rilassa.
Ma nelle persone a rischio di sviluppare pressione alta o aterosclerosi, c’è più costrizione, impedendo il libero flusso di sangue, che aumenta il rischio di infarto e ictus.
Il processo attraverso il quale le arterie costruiscono le loro pareti muscolari si basa su molecole chiamate eicosanoidi. Questi composti grassi simili sono fatti con l’aiuto di enzimi che abbattono i grassi polinsaturi.
Studiando cosa succede nei ratti, il team ha scoperto che i grassi polinsaturi utilizzati per produrre gli eicosanoidi sono fatti da cellule muscolari nelle arterie e non presi dal sangue, come si pensava in precedenza.
Hanno sperimentato disattivando due enzimi che aiutano a rendere i grassi polinsaturi. Hanno trovato questa ridotta ricostruzione arteriosa, portando a un flusso di sangue più libero, riducendo così il rischio di ipertensione.
Hanno anche trovato «interruttori epigenetici» dietro questo processo che potrebbero spiegare perché alcune arterie mostrano segni precoci di causare una pressione sanguigna elevata.
Un interruttore controlla un gene chiave per la produzione di grassi polinsaturi, mentre un altro interruttore compensa per questo.
L’epigenetica è lo studio di come i cambiamenti nell’attività genica che non cambiano il codice genetico passino ancora alla generazione successiva. Ha portato al concetto di «epigenoma», un ulteriore livello di istruzioni nel materiale cellulare che controlla l’espressione genica. Detto molto semplicemente, è come se il genoma del DNA contenesse tutte le istruzioni per fare un individuo, ma l’epigenoma decidesse quali istruzioni sono rispettate.
Le influenze epigenetiche iniziano presto nella vita, anche prima della nascita. Le scoperte fatte in questo studio, ad esempio, mostrano che la quantità e il tipo di grasso che la madre consuma in gravidanza influiscono sulla futura salute del cuore della sua prole modificando la capacità delle loro arterie di controllare la pressione sanguigna.
Hanson ha detto che le loro scoperte si aggiungono al «sostanziale corpo di conoscenze che mostra che la dieta di una madre incinta può avere effetti significativi sulla salute dei suoi figli in età avanzata».
«Tuttavia, le donne incinte non dovrebbero essere troppo preoccupate – seguendo una dieta sana ed equilibrata, le mamme possono aiutare a proteggere la salute del proprio bambino e del loro bambino in futuro», ha aggiunto.
Burdge ha detto che un test basato su cambiamenti epigenetici potrebbe fornire un nuovo modo di esaminare le persone per il rischio di sviluppare malattie cardiache prima che qualcosa possa essere fatto al riguardo.
Col tempo, potrebbe anche essere possibile correggere tali difetti epigenetici, ha aggiunto.
Nuove Scoperte e Ricerche Recenti
Nel 2024, la ricerca continua a svelare nuovi dettagli sul complesso rapporto tra le arterie e la pressione sanguigna. Recenti studi hanno evidenziato come l’infiammazione cronica sia un fattore chiave nell’iperattività arteriosa, contribuendo all’ipertensione. Un’analisi condotta su dati provenienti da oltre 10.000 pazienti ha rivelato che i livelli elevati di citochine infiammatorie sono associati a un aumento della rigidità arteriosa e, di conseguenza, a una maggiore pressione sanguigna.
Inoltre, si stanno esplorando nuovi approcci terapeutici che mirano a modulare la risposta infiammatoria, con risultati promettenti nelle fasi iniziali. Ad esempio, un recente studio pubblicato su «The Journal of Hypertension» ha dimostrato che un nuovo farmaco anti-infiammatorio riduce significativamente la pressione sanguigna in pazienti con ipertensione resistente ai trattamenti tradizionali.
Queste scoperte offrono una nuova speranza per i pazienti, suggerendo che affrontare l’infiammazione potrebbe essere un percorso efficace per controllare l’ipertensione e ridurre il rischio di eventi cardiovascolari avversi. Con l’avanzare della ricerca, è fondamentale che i professionisti della salute rimangano aggiornati sulle ultime evidenze per fornire i migliori trattamenti possibili ai loro pazienti.