Chemioterapia Palliativa: Un Nuovo Studio Sui Rischi e Benefici

La chemioterapia palliativa è un trattamento progettato per pazienti con cancro terminale, mirato a prolungare la sopravvivenza e alleviare i sintomi, senza però curare la malattia. Recentemente, i ricercatori hanno evidenziato gli effetti collaterali di questa terapia, che necessitano di un’attenta considerazione.

Un team di ricercatori del Weill Cornell Medical College, del Dana-Farber Cancer Institute e della Harvard Medical School ha pubblicato i risultati di uno studio nel

I risultati evidenziano una discrepanza tra ciò che i pazienti desiderano in termini di assistenza e ciò che effettivamente ricevono.

In particolare, il team ha scoperto che i pazienti terminali sottoposti a chemioterapia durante gli ultimi mesi di vita hanno meno probabilità di morire nei luoghi desiderati e maggiori probabilità di subire procedure mediche invasive, come la rianimazione cardiopolmonare (CPR) e la ventilazione meccanica, rispetto a quelli che non ricevono la terapia.

La dott.ssa Holly Prigerson del Weill Cornell Medical College afferma che le ragioni di questa correlazione sono complesse e potrebbero derivare da malintesi riguardo agli obiettivi e alle conseguenze della chemioterapia palliativa.

Per lo studio, gli investigatori hanno analizzato i dati di 386 pazienti coinvolti in uno studio federale, denominato «Coping with Cancer».

Questo studio di sei anni ha seguito i malati terminali e i loro caregiver fino al decesso dei pazienti, esaminando come i fattori psicosociali influenzino la cura del paziente.

Dopo aver chiesto ai caregiver di valutare la qualità della vita dei pazienti e dove avrebbero voluto morire, i ricercatori hanno analizzato le cartelle cliniche per determinare il tipo di assistenza ricevuta nell’ultima settimana.

I Pazienti Chemioterapici Hanno Meno Probabilità di Morire Dove Vogliono

I ricercatori hanno scoperto che i pazienti sottoposti a chemioterapia palliativa avevano meno probabilità di discutere con i propri oncologi riguardo alle loro preferenze assistenziali, di completare le direttive di non rianimare (Do-Not-Resuscitate) o di riconoscere di essere in fase terminale.

I risultati mostrano che il 68% dei pazienti che ha ricevuto chemioterapia palliativa è deceduto nel luogo desiderato, rispetto all’80% di quelli che non hanno ricevuto la terapia.

Nel dettaglio, il 47% dei pazienti trattati con chemioterapia è morto a casa, contro il 66% dei pazienti non trattati. Inoltre, l’11% dei pazienti sottoposti a chemioterapia è deceduto in terapia intensiva, rispetto al solo 2% di quelli non trattati.

La dott.ssa Prigerson afferma:

«È difficile trovare aspetti positivi in questi dati riguardo alla chemioterapia palliativa per i pazienti in fase terminale del loro cancro. Fino ad ora non ci sono evidenze chiare sugli effetti avversi della chemioterapia palliativa negli ultimi mesi di vita.»

«Questo studio rappresenta il primo passo per dimostrare in modo specifico quali esiti negativi potrebbero derivare da questa pratica», aggiunge.

Inoltre, il team ha scoperto che i pazienti sottoposti a chemioterapia palliativa erano più propensi a essere indirizzati a cure ospedaliere in ritardo rispetto a quelli che non ricevevano la terapia.

Le cure palliative in ospedale offrono conforto e supporto emotivo ai pazienti terminali, e il 54% di quelli sottoposti a chemioterapia è stato indirizzato in ritardo a tali cure, rispetto al 37% di quelli non trattati.

Potenziale Necessità di Cambiamenti Nella Pratica Oncologica

Il team sottolinea che il 56% dei pazienti dello studio riceveva chemioterapia palliativa nei loro ultimi mesi, evidenziando la necessità di una revisione delle pratiche oncologiche nei centri medici accademici.

Il dott. Alexi Wright, assistente professore e oncologo presso Dana-Farber, afferma:

«Spesso aspettiamo che i pazienti interrompano la chemioterapia prima di chiedere loro dove e come vogliono morire. Tuttavia, questo studio dimostra che dobbiamo affrontare le preferenze dei pazienti mentre stanno ricevendo la terapia, per garantire che ricevano il tipo di assistenza desiderata nei momenti finali.»

Il dott. Wright aggiunge che i risultati non devono essere interpretati come un invito a negare la chemioterapia palliativa ai pazienti:

«La maggior parte dei pazienti in questo studio desiderava la chemioterapia palliativa se ciò potesse aumentare la loro sopravvivenza anche di appena una settimana. Questo studio rappresenta un passo verso la comprensione dei costi e benefici umani legati alla chemioterapia palliativa.»

«Sono necessari ulteriori studi per confermare questi risultati preoccupanti», conclude la dott.ssa Prigerson.

Nuove Prospettive e Ricerche Recenti

Nel 2024, un numero crescente di studi sta esaminando l’efficacia della chemioterapia palliativa rispetto ad approcci alternativi, come le cure palliative integrate. Recenti ricerche hanno dimostrato che i pazienti che ricevono un’assistenza più olistica, che include supporto psicologico e sociale, tendono a riportare una qualità della vita migliore e possono avere esiti più favorevoli.

Inoltre, i dati mostrano che la comunicazione aperta tra pazienti e medici riguardo le scelte terapeutiche sta diventando sempre più cruciale. Una revisione recente ha rilevato che i pazienti che partecipano attivamente alle decisioni riguardanti la loro terapia hanno una maggiore soddisfazione e un minor livello di ansia.

Infine, il riconoscimento dell’importanza delle cure palliative precoci sta guadagnando terreno. Nuove linee guida suggeriscono che l’integrazione delle cure palliative fin dall’inizio del percorso terapeutico può migliorare significativamente il benessere dei pazienti e le loro famiglie, riducendo la necessità di interventi invasivi e aumentando le possibilità di morire nei luoghi desiderati.

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