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Come un esame oculistico potrebbe rilevare l’Alzheimer

E se l’Alzheimer potesse essere diagnosticato attraverso una visita di routine agli ottici? I ricercatori potrebbero aver fatto un passo in avanti verso una tale impresa, dopo aver sviluppato un sistema di imaging ottico in grado di rilevare un segno distintivo della malattia.

un primo piano dell'occhio di una donna anziana

In uno studio proof-of-concept, i ricercatori rivelano come una tecnica di imaging non invasiva ad alta risoluzione sia stata in grado di rilevare le placche di beta-amiloide nelle retine dei pazienti con malattia di Alzheimer.

La coautrice dello studio Maya Koronyo-Hamaoui, Ph.D., dell’Istituto neurochirurgico Maxine Dunitz del Cedars-Sinai di Los Angeles, California, e colleghi hanno recentemente riportato i loro risultati sulla rivista.

La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza e rappresenta circa il 60-80% dei casi. La condizione è caratterizzata da problemi con la memoria e il pensiero, così come i cambiamenti di umore e comportamento, e questi problemi diventano più gravi nel tempo.

Si stima che circa 5,5 milioni di persone negli Stati Uniti vivano con l’Alzheimer. Ogni 66 secondi, una persona in più negli Stati Uniti viene diagnosticata con la malattia.

Mentre la ricerca sulle cause precise dell’Alzheimer è in corso, gli scienziati sanno che la condizione comporta la degenerazione e la morte delle cellule cerebrali. L’accumulo di una proteina chiamata beta-amiloide è considerato un colpevole chiave nel processo.

Beta-amiloide e Alzheimer

La beta-amiloide è un frammento appiccicoso della proteina precursore dell’amiloide, che risiede nel tessuto adiposo che circonda le cellule cerebrali o neuroni.

Nella malattia di Alzheimer, questi frammenti di beta-amiloide si raggruppano, formando “placche” nel cervello che interrompono la comunicazione neuronale e attivano l’attività delle cellule immunitarie. Questo porta all’infiammazione e alla morte delle cellule cerebrali.

In quanto tale, le placche di beta-amiloide sono considerate un segno distintivo dell’Alzheimer. Al momento, gli operatori sanitari utilizzano la tomografia a emissione di positroni o l’analisi del liquido cerebrale per rilevare la presenza di beta-amiloide e fare una diagnosi di Alzheimer.

Tuttavia, il Dr. Koronyo-Hamaoui e colleghi osservano che tali tecniche non sono solo invasive, ma la loro disponibilità è limitata e i loro costi sono elevati, rendendo lo screening a livello di popolazione impegnativo.

Recenti studi hanno dimostrato che la beta-amiloide può essere rilevata nella retina, che è il tessuto sensibile alla luce che riveste la parte posteriore dell’occhio e invia segnali al cervello.

Per il loro studio, il Dr. Koronyo-Hamaoui e il suo team hanno testato l’efficacia di una nuova tecnica di imaging retinico per identificare i depositi di beta-amiloide e diagnosticare la malattia di Alzheimer.

Rilevazione di beta-amiloide nella retina

La nuova tecnica coinvolge l’imaging autofluorescente della retina utilizzando una fotocamera oftalmica appositamente progettata e un software di elaborazione delle immagini all’avanguardia. I ricercatori hanno testato il metodo di imaging su 16 pazienti con malattia di Alzheimer e controlli per età.

Il team riferisce che la tecnica di imaging retinico ha identificato un’eccellente quantità di placche beta-amiloide 4,7 volte maggiore nelle retine dei pazienti con malattia di Alzheimer, rispetto alle retine dei controlli.

I ricercatori hanno anche testato il metodo di imaging sulle retine di 23 pazienti deceduti affetti da malattia di Alzheimer, oltre alle retine di 14 persone decedute in età corrispondente che non avevano la malattia.

Ancora una volta, questo ha rivelato una maggiore abbondanza di placche di beta-amiloide nelle retine dei malati di Alzheimer rispetto a quelle dei controlli.

Inoltre, in entrambi i pazienti viventi e deceduti con malattia di Alzheimer, i ricercatori hanno scoperto che la perdita neuronale nelle retine come risultato delle placche di beta-amiloide era correlata alla perdita neuronale nel cervello dei pazienti.

Nel loro insieme, il dott. Koronyo-Hamaoui e colleghi ritengono che i loro risultati indicano che l’imaging retinico può essere una tecnica di screening praticabile e a basso costo per l’individuazione della malattia di Alzheimer.

“La distribuzione geometrica e l’aumento del carico di patologie dell’amiloide retinica nella AD [malattia di Alzheimer], insieme alla fattibilità di rilevare in modo non invasivo depositi amiloidi retinici discreti in pazienti viventi, può portare a un approccio pratico per la diagnosi e il monitoraggio su larga scala”.

Il team prevede di testare la propria tecnologia in ulteriori studi clinici, con l’obiettivo di portare finalmente l’imaging retinico all’avanguardia nella diagnosi di Alzheimer.

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