Diminuzione Dell’Olfatto Come Indicatore Di Demenza Precoce

Un diminuito senso dell’olfatto sembra essere collegato all’insorgenza dell’Alzheimer, secondo un articolo pubblicato in.

Immagine che rappresenta fiori profumati, simbolo di un buon olfatto, in contrasto con la perdita dell'olfatto negli anziani.

La ricerca precedente ha associato la perdita olfattiva, o anosmia, con il declino cognitivo, il lieve deterioramento cognitivo (MCI) o la malattia di Alzheimer (AD). Questa compromissione può anche rappresentare un marker per il corpo di Lewy e la demenza vascolare.

Gli studi autoptici hanno evidenziato che una ridotta capacità di identificare gli odori si associa a placche e grovigli nel bulbo olfattivo, nella corteccia entorinale e nelle aree di cornu ammonis dell’ippocampo.

L’identificazione precoce di questi marcatori può rivelarsi fondamentale per prevenire o ritardare l’insorgenza di tali malattie. La compromissione olfattiva, quindi, si propone come un marcatore clinico cruciale, capace di individuare i soggetti a rischio.

Rosebud Roberts, della Mayo Clinic di Rochester, MN, insieme ai suoi coautori, ha esaminato l’olfatto di 1.430 individui cognitivamente normali, con un’età media di 79,5 anni; circa il 50% erano uomini e il 50% donne.

I partecipanti sono stati reclutati nel programma di invecchiamento della Mayo Clinic, uno studio basato sulla popolazione, tra il 2004 e il 2010, e sono stati valutati clinicamente al basale e ogni 15 mesi fino al 2014.

La diminuzione olfattiva corrisponde a un aumento della perdita di memoria

Il test utilizzato ha coinvolto sei odori alimentari e sei non alimentari (banana, cioccolato, cannella, benzina, limone, cipolla, diluente per pittura, ananas, rosa, sapone, fumo e trementina). I partecipanti dovevano grattare, annusare e selezionare una delle quattro opzioni disponibili, per poi calcolare un punteggio.

Con una media di 3,5 anni di follow-up, gli autori hanno identificato 250 nuovi casi di MCI tra i 1.430 partecipanti.

È emersa un’associazione tra la diminuzione della capacità di identificare gli odori, misurata attraverso una riduzione delle risposte corrette nel test olfattivo, e un aumento del rischio di MCI amnestica (aMCI). Tuttavia, non è stata riscontrata alcuna associazione tra un punteggio ridotto del senso dell’olfatto e un MCI non amnestico (naMCI), che può influenzare altre facoltà cognitive.

Le persone con aMCI presentano difficoltà di memoria più marcate rispetto alla media per la loro età e livello di istruzione, ma non così gravi da compromettere la vita quotidiana; il naMCI è caratterizzato da problemi di pensiero diversi dalla memoria, come difficoltà nella pianificazione, organizzazione o scarsa capacità di giudizio.

Gli autori hanno anche riportato 64 casi di demenza tra 221 individui con MCI prevalente. Una diminuzione della frequenza di demenza, sia essa di tipo AD o meno, è stata associata a punteggi più elevati nel test olfattivo. Le categorie di punteggio più basse nel test dell’olfatto erano correlate alla progressione dalla demenza da aMCI a AD.

I risultati indicano un’associazione tra alterazione olfattiva, MCI incidentale e progressione da aMCI a demenza AD, confermando studi precedenti che collegano il deficit olfattivo al deterioramento cognitivo in età avanzata.

Cambiamenti neurodegenerativi alla radice del problema

Le spiegazioni potenziali per le scoperte attuali riguardano cambiamenti neurodegenerativi nel bulbo olfattivo e nelle regioni cerebrali coinvolte nella memoria e nell’olfatto.

  • Si stima che il 10-20% degli over 65 presenti MCI.
  • Il morbo di Alzheimer rappresenta il 60-80% di tutte le demenze.
  • Il 10% delle demenze sono di tipo vascolare.

Ulteriori informazioni sulla demenza indicano che il bulbo olfattivo è coinvolto, poiché la perdita dell’olfatto si verifica principalmente in condizioni neurodegenerative in cui è presente patologia olfattiva, come l’AD e il morbo di Parkinson.

I grovigli neurofibrillari, tipici dell’AD, sono stati riscontrati nel bulbo olfattivo e nei tratti nervosi prima che si manifestassero i sintomi, suggerendo che i deficit olfattivi possano rappresentare i primi marcatori della malattia.

Le alterazioni nella corteccia entorinale, nell’ippocampo e in altre aree temporali possono limitare la capacità di immagazzinare e recuperare i ricordi olfattivi, rendendo difficile identificare correttamente gli odori.

I deficit colinergici sono stati associati alla perdita olfattiva nella demenza AD e nel morbo di Parkinson. Questi deficit potrebbero contribuire a distinguere fra malattie neurodegenerative con compromissione olfattiva, come il morbo di Parkinson e l’Alzheimer, e malattie senza, come la paralisi sopranucleare progressiva.

Riduzioni nei livelli di colina acetil transferasi e dopamina nel tubercolo olfattivo e in altre aree cerebrali potrebbero anche giocare un ruolo, così come la diminuzione della norepinefrina associata al danno o alla neurodegenerazione in una fonte di noradrenalina al bulbo olfattivo.

Le limitazioni dello studio includono il fatto che non è stata effettuata una valutazione diretta della rilevazione degli odori; tuttavia, è improbabile che ciò influisca negativamente sui risultati, poiché i test di rilevazione degli odori sono fortemente correlati ai test di identificazione degli odori, e i pazienti affetti da AD e da numerose altre malattie neurodegenerative mostrano deficit sia nella rilevazione che nell’identificazione.

Concludendo, gli autori affermano:

«Le implicazioni cliniche delle nostre scoperte suggeriscono che i test di identificazione degli odori possono essere utilizzati per la diagnosi precoce di persone a rischio di esiti cognitivi».

In aggiunta, recenti ricerche hanno evidenziato che un cambiamento nel senso dell’umorismo potrebbe anche predire l’Alzheimer, offrendo un ulteriore spunto di riflessione su come i segnali precoci possano manifestarsi in modi inattesi.

Aggiornamenti Recenti e Ricerche del 2024

Negli ultimi anni, la ricerca si è intensificata, portando alla luce dati significativi. Una revisione sistematica del 2024 ha dimostrato che il 30% degli anziani con disturbi olfattivi sviluppano demenza entro cinque anni dalla diagnosi. Studi recenti hanno anche esplorato interventi precoci, suggerendo che esercizi di stimolazione olfattiva possano migliorare le capacità cognitive nei soggetti a rischio.

Inoltre, sono stati condotti studi su una popolazione più ampia, rivelando che la perdita dell’olfatto potrebbe essere un indicatore precoce non solo dell’Alzheimer, ma anche di altre forme di demenza, come la demenza frontotemporale. È fondamentale continuare a monitorare questi segnali, poiché una diagnosi tempestiva può aprire la strada a trattamenti più efficaci e a un miglioramento della qualità della vita degli anziani.

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