Un nuovo studio condotto su donne danesi ha dimostrato che l’uso delle pillole abortive durante il primo trimestre non presenta rischi maggiori per le future gravidanze rispetto alle terminazioni chirurgiche. Questo importante lavoro è stato pubblicato nel New England Journal of Medicine ed è frutto della collaborazione tra scienziati danesi e americani.
Le pillole abortive, note anche come aborti medici, stanno diventando una scelta sempre più comune tra le donne che desiderano interrompere gravidanze indesiderate. Tuttavia, fino ad ora, c’erano poche evidenze riguardanti l’impatto di questo metodo sulla sicurezza delle gravidanze successive.
Nonostante ciò, molte donne continuano a preferire l’aborto chirurgico quando si trovano ad affrontare una gravidanza non pianificata. In questo metodo, la donna è ricoverata in ospedale e la procedura viene eseguita tramite una pompa a vuoto o una siringa per rimuovere il feto dall’utero. Questa tecnica minimizza il rischio che il materiale embrionale rimanga nel grembo materno.
Nel caso dell’aborto medico, la donna assume una compressa di mifepristone (precedentemente noto come RU-486) e, uno o due giorni dopo, quattro o più pillole di misoprostolo. La prima pillola, il mifepristone, è uno steroide sintetico che destabilizza il tessuto che sostiene l’embrione. Le pillole successive, il misoprostolo, inducono contrazioni uterine per espellere il feto. I protocolli possono variare da paese a paese.
È importante notare che esiste un lieve rischio che, con il metodo medico, il materiale embrionale possa rimanere nell’utero. Ci sono opinioni divergenti riguardo alla necessità di un esame per garantire che il feto sia stato espulso correttamente. In Europa, per esempio, è consuetudine monitorare le donne sotto osservazione medica, mentre negli Stati Uniti questa pratica non è obbligatoria.
Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato il mifepristone per l’uso negli aborti medici nel 2000, limitandone l’uso ai primi 49 giorni di gestazione. Tra il 2000 e il 2004, circa 360.000 donne negli Stati Uniti hanno utilizzato il metodo del mifepristone e misoprostolo per abortire.
Il metodo medico è spesso preferito perché consente alla donna di assumere le pillole comodamente a casa, in un contesto privato, oppure durante una consultazione con il proprio medico. Negli Stati Uniti, l’approvazione della FDA richiede una consulenza preliminare. Le pillole possono essere prescritte da qualsiasi medico e la procedura è percepita come meno invasiva rispetto all’aborto chirurgico.
Nel corso di questo studio, il dott. Jun Zhang, della divisione epidemiologia dell’Istituto nazionale per la salute e lo sviluppo infantile, National Institutes of Health di Bethesda, Maryland, insieme ai suoi colleghi, ha analizzato i dati nazionali delle donne danesi che avevano subito aborti per motivi non medici tra il 1999 e il 2004. Hanno poi confrontato il rischio di gravidanza ectopica, aborto spontaneo, parto prematuro (a 37 settimane di gestazione) e basso peso alla nascita (meno di 2,5 kg o 5,5 libbre) in 2.710 donne che avevano avuto aborti medici durante il primo trimestre, rispetto a 9.104 donne che avevano subito aborti chirurgici nello stesso periodo.
I risultati hanno rivelato che tra le 11.814 gravidanze post-aborto in entrambi i gruppi di donne, si sono registrati:
- 274 gravidanze ectopiche (2,4% nel gruppo di aborti medici e 2,3% nel gruppo di aborto chirurgico).
- 1.426 aborti spontanei (12,2% e 12,7%).
- 552 nascite premature (5,4% e 6,7%).
- 478 nascite con basso peso alla nascita (4,0% e 5,1%).
Adattando i risultati a vari fattori confondenti, come l’età materna, l’intervallo tra gravidanze, la coabitazione con un partner, e il luogo di residenza (urbano o rurale), gli scienziati hanno concluso che l’aborto medico non era significativamente associato a un aumento del rischio di gravidanza ectopica, aborto spontaneo, parto prematuro o basso peso alla nascita.
Il dott. Zhang e i suoi colleghi hanno concluso che:
«Non abbiamo trovato prove che un precedente aborto medico, rispetto a un aborto chirurgico, aumenti il rischio di aborto spontaneo, gravidanza ectopica, parto pretermine o basso peso alla nascita».
In un articolo di accompagnamento pubblicato nel Journal Watch, il dott. Robert W. Rebar ha commentato:
«Finché l’aborto indotto sarà disponibile, alcune donne che non usano contraccezione o che affrontano fallimenti contraccettivi continueranno a ricorrere a questa opzione. Questo studio indica che i rischi per i successivi esiti avversi della gravidanza non sono significativamente differenti tra aborto medico e chirurgico».
«L’aborto medico e il rischio di successivi esiti avversi della gravidanza».
Jasveer Virk, Jun Zhang e Jørn Olsen.
Volume 357, 648-653, 16 agosto 2007, numero 7
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Scritto da: Catharine Paddock
Nuove Evidenze e Ricerche del 2024
Negli ultimi anni, la ricerca sull’aborto medico ha continuato a evolversi, portando a nuove scoperte e raccomandazioni. Studi recenti hanno evidenziato che l’accesso a cure post-aborto efficaci è fondamentale per garantire il benessere delle donne. Secondo un rapporto pubblicato nel 2023, si stima che nel 2024 il numero di aborti medici aumenterà del 15% rispetto all’anno precedente. Questo incremento è attribuito a una maggiore consapevolezza e disponibilità dei farmaci abortivi in molte regioni del mondo.
Inoltre, recenti studi hanno messo in evidenza l’importanza di un follow-up adeguato dopo l’aborto medico. Le donne che ricevono informazioni dettagliate sulle possibili complicazioni e sui segni da monitorare hanno esiti significativamente migliori. La comunicazione aperta tra pazienti e medici gioca un ruolo cruciale nel garantire la sicurezza e la soddisfazione delle donne che scelgono questo metodo.
Infine, un’analisi condotta nel 2024 ha suggerito che le politiche di accesso all’aborto potrebbero influenzare le decisioni delle donne. Paesi con legislazioni più permissive hanno registrato una riduzione dei tassi di complicazioni nei casi di aborto medico, sottolineando l’importanza di un ambiente di supporto per le scelte riproduttive delle donne. Queste informazioni sono fondamentali per informare le future politiche sanitarie e garantire che tutte le donne abbiano accesso a cure sicure e di qualità.