Diabete Di Tipo 2: Nuove Scoperte Sulla Trasmissibilità

Sebbene i risultati siano preliminari, una nuova ricerca suggerisce che il diabete di tipo 2 possa essere trasmissibile in un modo simile ai disturbi da prioni come la «malattia della mucca pazza».

Concetto di diabete di tipo 2 e le sue implicazioni

Il diabete di tipo 2 colpisce oltre 420 milioni di persone in tutto il mondo, ma le sue cause rimangono ancora in gran parte misteriose. Tuttavia, un nuovo studio ha rivelato un meccanismo innovativo che potrebbe guidare la malattia, potenzialmente cambiando l’approccio alla sua gestione sia in campo terapeutico che di ricerca.

In particolare, la ricerca esplora la possibilità che il diabete di tipo 2 possa derivare da un errato ripiegamento della proteina polipeptidica amiloide dell’isoletta (IAPP), un aspetto che potrebbe rivelarsi cruciale nelle dinamiche della malattia.

Condotta da Claudio Soto presso la McGovern Medical School di Houston, Texas, parte del Centro di scienze sanitarie dell’Università del Texas a Houston, questa ricerca ha aperto nuove prospettive nel campo.

I risultati, pubblicati su una rivista scientifica di rilievo, mostrano sorprendenti somiglianze tra il diabete di tipo 2 e un gruppo di malattie neurodegenerative trasmissibili, conosciute come «malattie da prioni».

Tra queste malattie troviamo l’encefalopatia spongiforme bovina, comunemente nota come «malattia della mucca pazza», e il suo equivalente umano, la malattia di Creutzfeldt-Jakob.

IAPP nel diabete di tipo 2

Ricerche precedenti hanno dimostrato che fino all’80% dei pazienti con diabete di tipo 2 presenta accumuli di IAPP nelle isole del pancreas, piccole strutture che contengono le cellule beta produttrici di insulina.

L’IAPP è un ormone peptidico rilasciato insieme all’insulina dalle cellule beta pancreatiche. Sebbene l’impatto di questo IAPP in eccesso nel diabete di tipo 2 non sia completamente compreso, si ipotizza che esso possa danneggiare le cellule beta, compromettendo così la produzione di insulina necessaria a mantenere i livelli di zucchero nel sangue sotto controllo.

I ricercatori hanno suggerito che un ripiegamento errato dell’IAPP potrebbe essere alla base della sospensione della produzione di insulina nelle cellule beta, un meccanismo che caratterizza anche diverse malattie neurodegenerative.

Esaminando il meccanismo «prionico»

Le malattie da prioni prendono il loro nome dall’accumulo anomalo di una proteina prionica, una proteina presente naturalmente nell’organismo. Questo accumulo anomalo è il risultato di un processo noto come misfolding. Di norma, le proteine acquisiscono la loro forma funzionale attraverso un processo detto folding.

Quando, però, queste proteine non si piegano correttamente, tendono ad aggregarsi, formando depositi simili a quelli riscontrati nella malattia di Alzheimer, nella malattia di Parkinson, nella malattia di Huntington e in altre patologie neurodegenerative.

In alcune di queste condizioni, le proteine mal ripiegate possono agire come «semi» in grado di innescare ulteriori misfolding in altre proteine. In tal modo, i prioni anormali possono trasmettersi da un individuo a un altro, sia umano che animale.

Il meccanismo prionico può causare il diabete

Per la loro ricerca, Soto e il suo team hanno progettato un modello murino in cui i pancreas dei topi sono stati geneticamente modificati per esprimere l’IAPP umano.

Hanno iniettato l’IAPP mal ripiegato in questi topi e hanno osservato che ciò ha provocato la formazione di depositi proteici nei loro pancreas.

Entro poche settimane dall’iniezione, i topi hanno mostrato sintomi di diabete di tipo 2, tra cui una significativa riduzione delle cellule beta e un aumento dei livelli di zucchero nel sangue.

Inoltre, i ricercatori hanno esaminato l’effetto dell’IAPP mal ripiegato in colture di isole pancreatiche prelevate da soggetti umani sani. Anche in questo caso, l’IAPP mal ripiegato ha innescato la formazione di aggregati significativi.

Di conseguenza, sembra che l’IAPP mal ripiegato possa effettivamente causare aggregati in un modo simile a quello osservato nei disturbi infettivi da prioni.

Nonostante ci siano stati numerosi casi segnalati di pazienti che hanno sviluppato il diabete di tipo 2 successivamente a trapianti di organi, gli autori avvertono di non saltare a conclusioni prematuro.

«Data la natura sperimentale dei modelli e delle condizioni utilizzate in questo studio, i risultati non devono essere generalizzati per affermare che il diabete di tipo 2 è una malattia trasmissibile nell’uomo senza ulteriori studi», avverte Soto.

Soto commenta anche il significato dei risultati, affermando: «Fino ad ora, questo concetto non è stato considerato, quindi i nostri dati aprono una nuova area di ricerca con implicazioni significative per la salute pubblica».

«Forse ancor più importante di una presunta trasmissione interindividuale, il meccanismo prionico potrebbe giocare un ruolo chiave nella diffusione della patologia da una cellula all’altra o da un’isoletta all’altra durante la progressione del diabete di tipo 2».

Claudio Soto

Prospettive future e ricerche recenti

Le recenti scoperte hanno portato a un rinnovato interesse per il legame tra meccanismi prionici e malattie metaboliche come il diabete di tipo 2. Studi recenti condotti nel 2024 hanno confermato che il misfolding delle proteine può avere un impatto diretto sul funzionamento delle cellule beta e sulla loro capacità di produrre insulina.

In particolare, ricerche recenti hanno mostrato che l’esposizione a fattori ambientali, come l’inquinamento e la dieta, può influenzare il processo di misfolding, suggerendo che la prevenzione del diabete di tipo 2 potrebbe passare anche attraverso la riduzione dell’esposizione a tali fattori. Inoltre, è emerso che interventi precoci mirati a correggere il misfolding delle proteine potrebbero rappresentare una nuova strategia terapeutica promettente.

Questi sviluppi non solo arricchiscono la nostra comprensione del diabete di tipo 2, ma offrono anche spunti per nuove modalità di intervento clinico, a beneficio di milioni di pazienti in tutto il mondo. La ricerca continua a evolversi, e le prospettive future sono incoraggianti, con la speranza di scoprire cure più efficaci e strategie preventive per questa malattia sempre più prevalente.

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