Ibuprofene e Alzheimer: Nuove Scoperte sulla Prevenzione

Potresti aver assunto l’ibuprofene oggi, magari per alleviare un fastidioso mal di testa o per combattere il mal di schiena. Ma c’è di più in questo comune farmaco oltre al semplice sollievo dal dolore; un nuovo studio suggerisce che una dose giornaliera di ibuprofene potrebbe giocare un ruolo nella prevenzione della malattia di Alzheimer.

Una donna che assume ibuprofene per il dolore

Guidato dal Dr. Patrick McGeer, CEO di Aurin Biotech in Canada, lo studio esplora come l’ibuprofene possa contribuire a ridurre l’infiammazione associata a un peptide legato all’Alzheimer.

Questo importante documento è stato recentemente pubblicato, apportando nuove prospettive sulla malattia.

La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza. Negli Stati Uniti, si stima che circa 5,7 milioni di adulti vivano con questa malattia, e si prevede che questo numero schizzi a quasi 14 milioni entro il 2050.

La ricerca continua a indagare sulle cause esatte dell’Alzheimer, ma si ritiene che una proteina appiccicosa chiamata beta-amiloide giochi un ruolo cruciale nella patologia.

La beta-amiloide può aggregarsi e formare «placche» nel cervello, interferendo con la comunicazione tra le cellule cerebrali e portando a sintomi come perdita di memoria e cambiamenti comportamentali tipici della malattia di Alzheimer.

In uno studio pubblicato l’anno scorso, il Dr. McGeer e il suo team hanno scoperto che un peptide beta-amiloide, noto come beta-amiloide 42 (Abeta 42), è presente non solo nel cervello ma anche nella saliva. Inoltre, i livelli di questo peptide risultano più elevati negli adulti a maggior rischio di sviluppare Alzheimer.

Sulla base di questi risultati, il gruppo di ricerca suggerisce che un test salivare potrebbe essere utilizzato per predire il rischio di Alzheimer anni prima che compaiano i sintomi.

«Quello che abbiamo appreso dalla nostra ricerca», afferma il Dr. McGeer, «è che le persone a rischio di sviluppare l’Alzheimer mostrano gli stessi livelli elevati di Abeta 42 delle persone già affette dalla malattia, e tali livelli elevati possono essere presenti per tutta la loro vita. Teoricamente, potrebbero essere testati in qualsiasi momento.»

Una «vera svolta»?

Nel loro studio, i ricercatori affermano che l’ibuprofene – un farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS) ampiamente utilizzato – potrebbe prevenire lo sviluppo dell’Alzheimer in persone con alti livelli di Abeta 42.

Il Dr. McGeer e il suo team si riferiscono a ricerche precedenti in cui hanno suggerito che l’Abeta 42 innesca una risposta infiammatoria, la quale potrebbe essere ridotta dall’ibuprofene e da altri FANS, fermando così l’Alzheimer nelle sue tracce.

L’identificazione del rischio di Alzheimer attraverso un test salivare offrirebbe alle persone l’opportunità di prevenire la malattia mediante l’assunzione quotidiana di ibuprofene.

«Sapendo che la prevalenza della malattia di Alzheimer inizia intorno ai 65 anni», spiega il Dr. McGeer, «raccomandiamo che le persone vengano sottoposte a test 10 anni prima, a 55 anni, quando di solito inizia a manifestarsi la malattia».

«Se mostrano livelli elevati di Abeta 42, è il momento di iniziare a prendere ibuprofene quotidianamente per prevenire la malattia».

Dr. Patrick McGeer

Egli accoglie con favore il test salivare come una «vera svolta», poiché «indica una direzione in cui [la malattia di Alzheimer] può essere eliminata». Tuttavia, le affermazioni del Dr. McGeer hanno suscitato alcune critiche.

Raccomandazione giornaliera di ibuprofene ‘prematura’

Il dott. Doug Brown, responsabile della politica e della ricerca presso l’Alzheimer’s Society nel Regno Unito, ritiene che sia ancora troppo presto per raccomandare l’ibuprofene quotidiano come prevenzione dell’Alzheimer.

«Studi sulla popolazione», afferma, «che raccolgono grandi quantità di dati da cartelle cliniche di migliaia di persone, hanno suggerito che l’assunzione di ibuprofene e di altri antinfiammatori da banco potrebbe essere correlata a un minor rischio di demenza».

«Tuttavia, i risultati degli studi clinici su questi farmaci sono stati finora deludenti.»

«Il suggerimento dei ricercatori in questo articolo di assumere un farmaco antinfiammatorio quotidiano non appena un test salivare evidenzia un rischio di demenza è prematuro», aggiunge il dott. Brown, «alla luce delle prove attuali.»

Il dott. Brown sottolinea anche i rischi associati all’uso a lungo termine di FANS, tra cui sanguinamento intestinale e ulcere gastriche. Inoltre, i FANS possono interagire con altri farmaci, come il warfarin, causando effetti collaterali indesiderati.

«Raccomandiamo sempre di consultare il proprio medico prima di apportare modifiche alla terapia farmacologica», conclude il dott. Brown.

Nuove Prospettive sulla Prevenzione dell’Alzheimer nel 2024

Con il continuo avanzamento della ricerca, nel 2024 emergono ulteriori dati che supportano l’importanza della prevenzione della malattia di Alzheimer. Recenti studi hanno messo in evidenza come l’infiammazione cronica possa essere un fattore chiave nello sviluppo di questa malattia neurodegenerativa. È sempre più evidente che un approccio multidisciplinare, che include dieta, esercizio fisico e monitoraggio dei biomarcatori, può migliorare significativamente la salute cerebrale degli individui a rischio.

Uno studio recente ha dimostrato che l’adozione di una dieta anti-infiammatoria, ricca di antiossidanti e acidi grassi omega-3, può ridurre i livelli di beta-amiloide nel cervello. Inoltre, l’esercizio fisico regolare non solo migliora la salute cardiovascolare, ma ha anche effetti positivi sulla neurogenesi e sulla plasticità cerebrale, elementi fondamentali per il mantenimento delle funzioni cognitive.

Inoltre, la tecnologia dei test salivari sta avanzando rapidamente, e ci si aspetta che nel prossimo futuro diventi uno strumento chiave nella valutazione del rischio individuale di Alzheimer. La possibilità di identificare precocemente i pazienti a rischio potrebbe aprire le porte a interventi preventivi personalizzati e più efficaci.

Infine, resta fondamentale il dialogo tra pazienti e medici riguardo all’utilizzo di farmaci come l’ibuprofene per la prevenzione dell’Alzheimer. La ricerca continua e la condivisione delle informazioni saranno cruciali per determinare il miglior approccio per affrontare questa malattia devastante.

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