L’iniezione di cemento osseo, conosciuta come vertebroplastica, si dimostra non solo sicura e efficace, ma anche economicamente sostenibile per i pazienti affetti da fratture da compressione vertebrale osteoporotica acuta. Rispetto al trattamento conservativo, la vertebroplastica offre un sollievo dal dolore significativamente maggiore. Questo studio recente sfida le scoperte precedenti che avevano suggerito che la vertebroplastica non apportasse un reale miglioramento nel sollievo dal dolore. L’articolo, pubblicato in anteprima su The Lancet, è stato redatto dalla dott.ssa Caroline A H Klazen e dal dott. Paul N M Lohle, dell’Ospedale St Elisabeth di Tilburg, nei Paesi Bassi, insieme a un team di esperti.
In passato, due studi randomizzati con un intervento di controllo fittizio avevano indicato risultati simili tra vertebroplastica e trattamento sham. Tuttavia, gli autori del nuovo studio sottolineano che l’interpretazione di questi precedenti risultati è complicata dalla presenza di pazienti con fratture subacute e croniche, dalla mancanza di un gruppo di controllo senza intervento e dall’incoerenza nell’uso dell’edema osseo sulla risonanza magnetica come criterio di inclusione. In questo nuovo lavoro, gli autori si sono proposti di chiarire se la vertebroplastica fornisca un valore aggiunto rispetto al trattamento del dolore ottimale nei pazienti con fratture vertebrali acute.
I pazienti arruolati nello studio randomizzato provenivano dai dipartimenti di radiologia di sei ospedali nei Paesi Bassi e in Belgio. Tutti i partecipanti avevano almeno 50 anni, presentavano fratture vertebrali da compressione evidenziate sulla radiografia della colonna vertebrale, avevano sperimentato dolore alla schiena per sei settimane o meno, e un punteggio sulla scala analogica visiva (VAS) di 5 o superiore. L’outcome primario dello studio era il sollievo dal dolore misurato a 1 mese e a 1 anno attraverso il punteggio VAS, che oscillava da 0 (nessun dolore) a 10 (il dolore peggiore mai provato). Gli autori hanno definito un sollievo dal dolore clinicamente significativo come una diminuzione del punteggio VAS di 3 o più punti rispetto al basale. I giorni senza dolore sono stati considerati quelli in cui il punteggio VAS era di 3 o inferiore.
Tra il 1 ° ottobre 2005 e il 30 giugno 2008, sono stati identificati 431 pazienti idonei per la randomizzazione. Di questi, 229 (53%) hanno sperimentato un sollievo spontaneo dal dolore durante la valutazione, con il loro punteggio VAS sceso sotto i 5 senza alcun intervento. Gli altri 202 pazienti, con dolore persistente, sono stati randomizzati per ricevere il trattamento (101 vertebroplastica e 101 trattamento conservativo). I risultati mostrano che la vertebroplastica ha portato a un maggiore sollievo dal dolore rispetto al trattamento conservativo; la differenza nel punteggio medio VAS tra il basale e 1 mese era di -5.2 dopo la vertebroplastica e -2.7 dopo il trattamento conservativo. A 1 anno, la differenza è risultata di -5.7 dopo la vertebroplastica e -3.7 dopo il trattamento conservativo. La differenza tra i gruppi nella riduzione del punteggio medio VAS dal basale era di 2.6 a 1 mese e di 2.0 a 1 anno. Non sono state riportate complicanze gravi o eventi avversi.
Gli autori riconoscono che il principale svantaggio del loro studio è la mancanza di mascheramento del trattamento. La consapevolezza dell’assegnazione del trattamento potrebbe aver influenzato le risposte dei pazienti durante le valutazioni.
In conclusione, affermano: «In un sottogruppo selezionato di pazienti con fratture vertebrali osteoporotiche acute e dolore persistente, la vertebroplastica si è dimostrata efficace e sicura. Il sollievo dal dolore dopo la procedura è immediato, sostenuto per un anno ed è significativamente migliore rispetto a quello ottenuto con il trattamento conservativo, mantenendo costi accettabili.»
In un commento correlato, il dott. Douglas Wardlaw del Woodend Hospital, NHS Grampian, Aberdeen, Regno Unito, e il dott. Jan Van Meirhaege dell’Algemeen Ziekenhuis St Jan, Brugge, Belgio, affermano: «Vertos II offre ulteriore sostegno al crescente consenso che la vertebroplastica ha un ruolo significativo nella gestione del dolore associato alle fratture da compressione vertebrale.»
«Vertebroplastica rispetto al trattamento conservativo nelle fratture da compressione vertebrale osteoporotica acuta (Vertos II): uno studio randomizzato in aperto»
Caroline AH Klazen, Paul NM Lohle, Jolanda de Vries, Frits H Jansen, Alexander V Tielbeek, Marion C Blonk, Alexander Venmans, Willem Jan J van Rooij, Marinus C Schoemaker, Job R Juttmann, Tjoen H Lo, Harald JJ Verhaar, Yolanda van der Graaf, Kaspar J van Everdingen, Alex F Müller, Otto EH Elgersma, Dirk R Halkema, Hendrik Fransen, Xavier Janssens, Erik Buskens, Willem P Th M Mali
The Lancet. 10 agosto 2010. DOI: 10.1016/S0140-6736(10)60954-3
Nuove Prospettive e Ricerche Recenti nel 2024
Nel 2024, la ricerca continua a dimostrare l’importanza della vertebroplastica nel trattamento delle fratture vertebrali osteoporotiche. Studi recenti hanno evidenziato come questa procedura possa non solo alleviare il dolore, ma anche migliorare la qualità della vita dei pazienti. Ad esempio, una meta-analisi pubblicata nel 2023 ha mostrato che oltre l’80% dei pazienti ha riportato un miglioramento significativo del dolore e della mobilità dopo la vertebroplastica. Inoltre, nuove tecniche di imaging stanno permettendo una selezione più accurata dei pazienti, aumentando ulteriormente l’efficacia della procedura.
In un altro studio condotto su una coorte di pazienti anziani, è stato osservato che la vertebroplastica non solo riduce il dolore immediatamente, ma contribuisce anche a una diminuzione del rischio di ulteriori fratture, grazie al ripristino della stabilità vertebrale. Questi risultati incoraggianti indicano che la vertebroplastica potrebbe svolgere un ruolo cruciale nella gestione delle fratture da compressione vertebrale, specialmente in una popolazione sempre più anziana.
Insomma, la vertebroplastica emerge come una soluzione promettente, e la ricerca continua a monitorare i suoi effetti a lungo termine, con l’obiettivo di ottimizzare i protocolli di trattamento e migliorare i risultati per i pazienti.