Marijuana e Malattia di Alzheimer: Nuove Evidenze Sconcertanti

Un nuovo studio avverte che l’uso di marijuana può aumentare la suscettibilità alla malattia di Alzheimer, avendo riscontrato che questa sostanza riduce gravemente il flusso di sangue in una zona del cervello colpita dalla malattia.

Un uomo che fuma marijuana

Pubblicato recentemente, lo studio rivela che gli individui con un disturbo da uso di marijuana hanno mostrato un flusso sanguigno ridotto in quasi tutte le aree del cervello, rispetto ai controlli sani.

Inoltre, il team di ricerca – tra cui la co-autrice Elisabeth Jorandby di Amen Clinics Inc. in California – ha scoperto che l’ippocampo ha registrato la più grande riduzione del flusso sanguigno con l’uso di marijuana.

L’ippocampo è la regione del cervello associata all’apprendimento e alla memoria, ed è la prima zona ad essere colpita nei pazienti con malattia di Alzheimer.

Negli Stati Uniti, la marijuana sta diventando sempre più legalizzata per uso ricreativo e/o medicinale.

Con questo in mente, i ricercatori concordano sul fatto che è fondamentale comprendere i potenziali danni dell’uso di marijuana, e il dottor Jorandby e i suoi colleghi avvertono che un flusso sanguigno ridotto nel cervello potrebbe essere uno di questi effetti.

Quasi tutte le regioni del cervello interessate dall’uso di marijuana

Quando il flusso di sangue nel cervello si riduce, ciò provoca una diminuzione della quantità di ossigeno che raggiunge le cellule cerebrali, il che può causare danni al tessuto cerebrale e morte cellulare.

Secondo gli autori, pochi studi precedenti hanno valutato gli effetti dell’uso di marijuana sul flusso sanguigno cerebrale.

Per colmare questa lacuna di ricerca, il team ha utilizzato la tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli (SPECT) per misurare il flusso sanguigno e l’attività cerebrale di 982 individui a cui era stato diagnosticato un disturbo da uso di marijuana, oltre a 92 controlli sani.

La SPECT è stata utilizzata per misurare il flusso ematico cerebrale dei partecipanti e l’attività durante un’attività di concentrazione mentale e a riposo.

Rispetto ai controlli sani, i ricercatori hanno scoperto che i soggetti con disturbi da uso di marijuana mostrano un flusso sanguigno significativamente ridotto in quasi tutte le regioni del cervello, ma l’ippocampo è stato colpito in modo particolare.

In particolare, il team ha identificato un flusso sanguigno anormalmente basso nell’ippocampo destro dei soggetti con disturbi da uso di marijuana mentre completavano un compito di concentrazione.

Parlando con il coautore dello studio, il dott. Cyrus Raji, dell’Università della California, a San Francisco, il team è rimasto sorpreso dalla quantità di marijuana che ha impattato il flusso ematico cerebrale.

«Documenti precedenti hanno suggerito che la marijuana può danneggiare il cervello; ciò che sorprendeva era il basso flusso di sangue nel cervello della nostra coorte – praticamente ogni area del cervello mostrava un ridotto flusso sanguigno durante l’imaging della perfusione in relazione all’uso della marijuana», ha dichiarato.

I risultati suggeriscono che la marijuana ha «influenze dannose nel cervello»

I ricercatori osservano che si ritiene che l’uso di marijuana impedisca l’attività in questa regione del cervello, interrompendo così la formazione della memoria. Studi precedenti hanno associato un indebolimento del flusso sanguigno nell’ippocampo con la malattia di Alzheimer.

«Come medico che frequentemente vede utenti di marijuana, quello che mi ha colpito non è stata solo la riduzione globale del flusso sanguigno nel cervello degli utilizzatori, ma l’ippocampo era la regione più colpita a causa del suo ruolo cruciale nella memoria e nella malattia di Alzheimer», afferma il Dr. Jorandby.

«La nostra ricerca ha dimostrato che gli utenti di marijuana presentano un flusso ematico cerebrale inferiore rispetto ai non utilizzatori. Inoltre, la regione più predittiva che separa questi due gruppi è il basso flusso sanguigno nell’ippocampo, rilevato tramite imaging SPECT durante il compito di concentrazione.

Questo lavoro suggerisce che l’uso di marijuana ha influenze dannose nel cervello – in particolare nelle regioni importanti per la memoria e l’apprendimento, e note per essere affette da malattia di Alzheimer», afferma la Dott.ssa Elisabeth Jorandby.

Il coautore dello studio, il dott. Daniel Amen, fondatore di Amen Clinics Inc., crede che le scoperte della squadra dovrebbero fungere da avvertimento per gli utenti di marijuana.

«La nostra ricerca dimostra che la marijuana può avere effetti negativi significativi sulla funzione cerebrale: i media hanno dato l’impressione generale che la marijuana sia una droga ricreativa sicura, ma questa ricerca sfida direttamente tale nozione», afferma.

Sulla base dei loro risultati, il Dr. Raji ha dichiarato che test cognitivi frequenti per i pazienti a cui è stata prescritta la marijuana medica sono qualcosa che «sicuramente merita un’attenta considerazione».

Ha aggiunto che il team ora progetta di condurre ulteriori ricerche con l’obiettivo di individuare «livelli di rischio di demenza effettivi» per le persone che utilizzano marijuana.

Prospettive Future sulla Ricerca e Salute Cerebrale

In un contesto in continua evoluzione, è fondamentale che i medici e i ricercatori continuino a monitorare gli effetti a lungo termine della marijuana sulla salute cerebrale. Recenti studi suggeriscono che una relazione tra uso di marijuana e declino cognitivo è sempre più evidente. È cruciale che i pazienti comprendano i potenziali rischi associati, specialmente in un periodo in cui l’uso di marijuana sta aumentando.

In particolare, la ricerca futura dovrebbe concentrarsi su come la marijuana possa influenzare non solo il flusso sanguigno, ma anche altre funzioni cognitive. L’interazione tra marijuana e altre sostanze o condizioni mediche deve essere esplorata per garantire una comprensione completa dei suoi effetti.

In conclusione, sebbene la marijuana possa essere vista come un’opzione terapeutica in alcune situazioni, è essenziale approcciarla con cautela e consapevolezza, tenendo conto delle evidenze emergenti e lavorando verso una salute cerebrale ottimale.

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