Narcolessia: Nuove Scoperte sulla Sua Origine Autoimmune

Circa 3 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di narcolessia, manifestando attacchi di sonnolenza che compromettono la loro vita quotidiana. Attualmente, non esiste una cura definitiva per questo disturbo e le cause rimangono in gran parte sconosciute. Tuttavia, recenti studi stanno suggerendo che la narcolessia potrebbe avere un’origine autoimmune.

Studente addormentato alla scrivania durante le lezioni

Nel loro studio, Yehuda Shoenfeld, professore all’Università di Tel Aviv (TAU) e rinomato esperto di malattie autoimmuni, insieme ai suoi collaboratori, ha identificato un processo autoimmune che sembra coinvolgere il cervello nella manifestazione della narcolessia.

Gli autori affermano che la narcolessia presenta segni distintivi di una malattia autoimmune e andrebbe quindi trattata come tale.

Questa condizione colpisce prevalentemente i giovani, con un’incidenza che si manifesta tra i 10 e i 25 anni, accompagnandoli per tutta la vita.

I sintomi possono variare, ma includono: addormentarsi senza preavviso, eccessiva sonnolenza diurna, allucinazioni, disturbi del linguaggio, perdita improvvisa di tono muscolare, debolezza temporanea dei muscoli e incapacità di muoversi o parlare durante il sonno o al risveglio.

La narcolessia causata dall’attacco degli anticorpi alle cellule cerebrali che producono orexina

Il processo scoperto dai ricercatori sembra scatenare la perdita dei neuroni produttori di orexina, sostanze chimiche fondamentali per mantenere l’equilibrio tra sonno e veglia.

Il professor Shoenfeld descrive la narcolessia come una condizione devastante, particolarmente difficile per i bambini. Sottolinea che si tratta di una malattia più complessa di quanto si pensasse in precedenza:

«È interessante notare che, sebbene sia stata considerata principalmente genetica, la narcolessia può essere indotta anche da fattori ambientali, come stress o eventi traumatici».

Il team ha iniziato a investigare la narcolessia dopo un aumento significativo dei casi in Finlandia nel 2009, coincidente con la campagna di vaccinazione contro l’influenza H1N1. In quel periodo, l’incidenza della narcolessia è aumentata fino a 16 volte rispetto alla media, come riportato dal Prof. Shoenfeld.

Inoltre, hanno preso in considerazione uno studio condotto da ricercatori giapponesi che avevano trovato anticorpi nel cervello in grado di attaccare i «triboli», piccoli granuli contenenti le cellule cerebrali produttrici di orexina, la sostanza chimica che regola il ciclo sonno-veglia.

Il professor Shoenfeld ha osservato che nei pazienti e negli animali affetti da narcolessia si registra una riduzione di orexina nel cervello, creando uno squilibrio che porta agli attacchi di sonnolenza.

Si sono quindi chiesti: perché l’orexina sta diminuendo? Potrebbe esserci una reazione immunitaria? La risposta sembra essere affermativa: gli autoanticorpi potrebbero legarsi ai triboli e distruggerli, compromettendo così i neuroni coinvolti.

I topi iniettati con gli anticorpi mostrano segni crescenti di narcolessia

Per il loro studio, il team ha collaborato con ricercatori giapponesi per isolare anticorpi specifici e iniettarli nei topi.

Nei mesi successivi, i topi hanno iniziato a manifestare attacchi di sonno sempre più frequenti e modelli di sonno irregolari. Il Prof. Shoenfeld racconta:

«I topi si addormentano come cani: girano intorno prima di addormentarsi, ma in questo esperimento, si sono addormentati improvvisamente e pochi minuti dopo si sono risvegliati».

Il loro obiettivo è cambiare la percezione della narcolessia, riconoscendola come una malattia autoimmune, poiché «una migliore comprensione del meccanismo che causa questa malattia, che impatta negativamente su così tante vite, potrebbe portare a trattamenti più efficaci e, speriamo un giorno, a una cura».

Attualmente, i ricercatori stanno progettando di identificare le aree del cervello in cui gli anticorpi attaccano le cellule produttrici di orexina.

Nel frattempo, ho recentemente scoperto che la meditazione di consapevolezza può migliorare significativamente la qualità del sonno negli anziani. Negli Stati Uniti, circa la metà delle persone sopra i 55 anni presenta difficoltà a dormire bene, spesso a causa di problemi di salute e sociali come depressione, affaticamento, disturbi dell’umore e una qualità della vita ridotta.

Nuove Prospettive e Ricerche nel 2024

Nel 2024, la ricerca sulla narcolessia continua ad evolversi. Recenti studi hanno messo in luce l’importanza del microbioma intestinale nella regolazione del sonno e nell’attività immunitaria. Si è scoperto che alterazioni nel microbioma possono influenzare la risposta immunitaria e, di conseguenza, la manifestazione di malattie autoimmuni come la narcolessia.

Inoltre, l’uso di terapie immunomodulanti sta attirando l’attenzione come potenziale strategia di trattamento. I risultati preliminari suggeriscono che tali terapie potrebbero ridurre l’attività autoimmune nel cervello e migliorare i sintomi clinici nei pazienti.

Infine, l’educazione e la sensibilizzazione sulla narcolessia stanno diventando sempre più cruciali. Comportamenti proattivi, come la creazione di ambienti di lavoro e di studio favorevoli, possono aiutare a gestire i sintomi e migliorare la qualità della vita per coloro che ne sono affetti.

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