Penseresti che le incisioni profonde della chirurgia a cuore aperto e la grande ferita che lascia, tra cui il taglio delle ossa del torace, siano il problema più grande che devono affrontare i pazienti dopo un intervento di chirurgia cardiaca. Tuttavia, non è così, secondo una nuova ricerca presentata alle Sessioni Scientifiche dell’American Heart Association. Infatti, la polmonite si rivela essere il problema più significativo dopo la chirurgia cardiaca.
Lo studio ha dimostrato che la maggior parte delle infezioni si manifesta circa due settimane dopo l’intervento chirurgico, contrariamente a quanto si pensava in precedenza, ossia una settimana.
Michael A. Acker, M.D., ricercatore principale dello studio e professore nonché capo della chirurgia cardiovascolare presso il Medical Center dell’Università della Pennsylvania a Philadelphia, ha confermato i risultati inaspettati:
«Non è quello che ci aspetteremmo».
I ricercatori hanno analizzato oltre 5.100 pazienti in un registro di chirurgia cardiaca. I pazienti, con un’età media di 64 anni, sono stati trattati presso nove centri medici accademici negli Stati Uniti e un centro in Canada. Il tempo mediano per l’insorgenza di infezioni gravi è stato di 14 giorni dopo l’intervento chirurgico. Il 43% di tutte le principali infezioni si è verificato dopo la dimissione ospedaliera.
Acker prosegue:
«La metà di questi pazienti non mostrava alcuna evidenza di infezione prima della dimissione dall’ospedale… Questo significa che dovevano tornare a causa di una nuova infezione, evidenziando la necessità di un follow-up più attento dopo la dimissione.»
Lo studio non includeva pazienti infetti prima dell’intervento chirurgico e i ricercatori hanno registrato un totale di 761 infezioni: 300 sono state classificate come infezioni gravi (che si verificano nel 6% dei pazienti) e 461 minori (nell’8,1% dei pazienti). Tra le principali infezioni si segnalano:
- La polmonite, infezione dei polmoni, si è verificata nel 2,4% di tutti i pazienti.
- La colite da C. difficile, un’infezione intestinale, si è verificata nell’1,0% dei pazienti.
- Le infezioni del flusso sanguigno si sono verificate nell’1,1% dei pazienti.
- Le infezioni del sito chirurgico ad incisione profonda si sono verificate nello 0,5% dei pazienti.
- Le infezioni minori includevano infezioni del tratto urinario e del sito di incisione superficiale.
La maggior parte delle procedure eseguite riguardava l’innesto di bypass coronarico isolato e gli interventi chirurgici delle valvole aortica e mitrale. Il settantaquattro percento erano interventi chirurgici programmati, mentre il 26 percento erano interventi non elettivi o d’urgenza.
Un numero di fattori di rischio è stato identificato come aumentante la possibilità di sviluppare infezioni, tra cui insufficienza cardiaca congestizia, ipertensione, malattia polmonare cronica, uso di corticosteroidi prima dell’intervento e durata del bypass cardiopolmonare.
Acker ha dichiarato:
«Nel prossimo livello di analisi, ci concentreremo sulle differenze nelle pratiche di cura, dai tipi di medicazioni ai protocolli antibiotici, per identificare quali processi sono associati a una minore incidenza di infezioni. Questo registro ci permetterà di ottimizzare le nostre migliori pratiche per la gestione delle infezioni post-operatorie.»
Co-autori dello studio sono Michael Argenziano, M.D.; John D. Puskas, M.D., M.Sc.; T. Bruce Ferguson, M.D.; Annetine C. Gelijns, Ph.D.; Keith Horvath, M.D.; Marissa A. Miller, DVM, MPH; Stacey Welsh, R.N.; Ellen Moquete, R.N.; Kevin N. Su, B.S.; Alan Weinberg, M.S.; Alan J. Moskowitz, M.D.; Patrick T. O’Gara, M.D. e Eugene H. Blackstone, M.D.
Lo studio è stato finanziato dal National Heart, Lung and Blood Institute, dal National Institute of Neurological Disorders and Stroke e dai Canadian Institutes of Health Research.
In notizie correlate, i ricercatori di un ospedale di Milwaukee hanno trattato la pelle dei pazienti con una speciale soluzione antibatterica la sera prima e la mattina dell’intervento, riducendo notevolmente le infezioni. Hanno incluso anche un rigoroso periodo di asciugatura di tre minuti per la preparazione della pelle chirurgica. Questi passaggi hanno portato a una diminuzione dei tassi di infezione implantare dall’1% allo 0,24% a un anno dopo il posizionamento dell’impianto, una riduzione impressionante del 75%.
Scritto da Rupert Shepherd
Nuove Evidenze e Ricerche Recenti nel 2024
Nel 2024, sono emerse ulteriori evidenze riguardanti la polmonite post-operatoria. Recenti studi hanno evidenziato l’importanza di una profilassi antibiotica adeguata e della gestione pre-operatoria dei rischi. Secondo uno studio condotto su oltre 2.000 pazienti, quelli che ricevevano una preparazione ottimale della pelle e un follow-up intensivo dopo l’intervento mostrano tassi di polmonite significativamente più bassi (circa il 1,5%).
Inoltre, è stato osservato che i pazienti affetti da malattie croniche pre-esistenti, come il diabete e la BPCO, necessitano di strategie di intervento specifiche. Le tecnologie emergenti nella telemedicina stanno anche facendo la loro parte, consentendo ai medici di monitorare i pazienti a distanza e intervenire tempestivamente in caso di segni di infezione.
Queste scoperte non solo ampliano la nostra comprensione del problema, ma offrono anche nuove strade per migliorare la cura post-operatoria. La chiave per ridurre l’incidenza della polmonite potrebbe risiedere in un approccio multidisciplinare che coinvolga chirurghi, infermieri e specialisti in malattie infettive, lavorando insieme per garantire un recupero più sicuro e veloce per i pazienti.