Ricercatori statunitensi hanno scoperto che un farmaco ricavato dalla radice della pianta di ortensia, utilizzata da secoli nella medicina cinese, ha mostrato risultati positivi nel trattamento di malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla, la malattia infiammatoria intestinale, il diabete di tipo 1, l’eczema e la psoriasi.
Questo studio è stato condotto da un team del Programma in Medicina Cellulare e Molecolare e dell’Immune Disease Institute presso il Children’s Hospital di Boston (PCMM / IDI), in collaborazione con la Harvard School of Dental Medicine, ed è stato pubblicato nel numero del 5 giugno 2009 della rivista Science.
Un’area affascinante della ricerca sulle malattie autoimmuni riguarda il ruolo di una particolare cellula del sistema immunitario chiamata T helper 17 (Th17). Questa cellula è geneticamente diversa da altri tipi di cellule T CD4+, come Th1, Th2 e le cellule T-regolatorie, e sembra avere un ruolo unico nel sistema immunitario, spesso causando danni quando reagisce in modo eccessivo.
Il sistema immunitario è un complesso di meccanismi finemente sintonizzati che riconoscono anomalie nel corpo e rispondono per riparare i danni o eliminare gli agenti estranei. Tuttavia, quando questo delicato equilibrio viene disturbato, il sistema può attivarsi contro tessuti sani, come accade nell’artrite reumatoide, dove una risposta infiammatoria iperattiva porta alla distruzione della cartilagine delle articolazioni e del tessuto sano in altre aree, come i polmoni o sotto la pelle.
Il perché di questo fenomeno rimane un mistero, ma le ricerche suggeriscono che le cellule immunitarie come le Th17 siano coinvolte in modi complessi e unici.
Nel presente studio, gli autori riportano come una piccola molecola chiamata alofuginone, estratta dalla radice di ortensia, possa bloccare selettivamente la produzione di cellule Th17, senza influenzare le altre cellule T CD4+. Questo studio suggerisce una potenziale strategia per prevenire la sovrapproduzione di cellule Th17 dannose da parte del sistema immunitario.
Inoltre, è stato dimostrato che l’alofuginone riduce significativamente i sintomi della malattia in modelli murini affetti da disturbi autoimmuni.
Nel corpo, le citochine inducono le cellule Th17 a differenziarsi da altre cellule T CD4+. Tuttavia, quando i ricercatori hanno coltivato cellule T CD4+ di topo in presenza di citochine e hanno aggiunto alofuginone, hanno osservato una significativa riduzione dei livelli di Th17, senza influenzare le cellule regolatorie Th1, Th2 o T.
Un effetto simile è stato riscontrato anche nelle cellule T CD4+ umane coltivate: l’alofuginone ha interrotto selettivamente la produzione di IL-17, la principale citochina prodotta dalle cellule Th17.
Questa scoperta è cruciale, poiché attualmente non esistono trattamenti efficaci per i disordini autoimmuni che possano ridurre il processo infiammatorio senza compromettere i meccanismi protettivi contro le infezioni.
I trattamenti attualmente disponibili si basano su anticorpi che neutralizzano le citochine, messaggeri chimici utilizzati dalle cellule T per controllare le risposte immunitarie e infiammatorie. Tuttavia, gli anticorpi sono costosi, richiedono iniezioni e non affrontano la causa alla radice del problema, limitandosi a eliminare le citochine piuttosto che fermarne la produzione. Pertanto, i pazienti devono continuare a sottoporsi a infusioni per mantenere sotto controllo l’infiammazione.
In situazioni estreme, si possono somministrare farmaci che sopprimono completamente il sistema immunitario, ma questo comporta notevoli rischi.
Nel presente studio, i ricercatori sembrano aver trovato un approccio innovativo, utilizzando l’alofuginone come strumento per ridurre selettivamente la produzione di cellule Th17, spegnendo così la risposta infiammatoria senza alterare le funzioni di altre componenti del sistema immunitario. Un ulteriore vantaggio di questa scoperta è che l’alofuginone può essere assunto per via orale, evitando la necessità di iniezioni.
Il primo autore, il dott. Mark Sundrud, del PCMM / IDI, ha dichiarato:
«Questa è davvero la prima descrizione di una piccola molecola che interferisce con la patologia autoimmune, senza essere un soppressore immunitario generale».
Scritto da: Catharine Paddock, PhD
Nuove Prospettive per le Malattie Autoimmuni nel 2024
Negli ultimi anni, la ricerca sulle malattie autoimmuni ha fatto grandi passi avanti. Recenti studi del 2023 hanno confermato l’importanza delle cellule Th17 e il loro ruolo cruciale nelle risposte immunitarie anomale. Una revisione sistematica ha evidenziato che il targeting delle Th17 non solo attenua i sintomi, ma potrebbe anche modificare il decorso della malattia in pazienti con artrite reumatoide e sclerosi multipla.
Inoltre, un trial clinico recente ha mostrato risultati promettenti nell’utilizzo di terapie mirate che modulano l’attività delle Th17, riducendo gli eventi avversi e migliorando la qualità della vita dei pazienti. Questi approcci potrebbero rappresentare un cambiamento di paradigma, offrendo nuove speranze a chi soffre di malattie autoimmuni.
La ricerca continua a esplorare l’uso di molecole naturali come l’alofuginone, con studi clinici in corso per valutarne l’efficacia e la sicurezza in popolazioni più ampie. L’obiettivo è quello di sviluppare terapie che non solo gestiscano i sintomi, ma che affrontino anche le cause sottostanti delle malattie autoimmuni, promuovendo approcci terapeutici più personalizzati e sostenibili per i pazienti in tutto il mondo.