Il numero di individui che perdono la vista a causa della degenerazione retinica allo stadio terminale è in costante aumento e attualmente non può essere invertito. Tuttavia, la ricerca pionieristica che utilizza la tecnologia delle cellule staminali offre una luce alla fine del tunnel.
La degenerazione retinica allo stadio terminale comprende condizioni come la degenerazione maculare senile e la retinite pigmentosa. Queste rappresentano la causa più comune di perdita della vista irreversibile e cecità negli anziani.
In queste condizioni, la vista peggiora gradualmente man mano che lo strato nucleare delle cellule fotorecettrici, sensibili alla luce negli occhi, viene degradato.
Con l’aumento dell’aspettativa di vita, la prevalenza della degenerazione retinica continua a crescere. Ad esempio, il numero di individui colpiti da degenerazione maculare legata all’età tra il 2000 e il 2010 è aumentato da 1,75 milioni a 2,07 milioni.
Sebbene la degenerazione dello strato retinico esterno non possa essere invertita, una potenziale strategia che potrebbe eventualmente aiutare a ripristinare la vista è la sostituzione cellulare.
Tessuto retinico derivato da cellule staminali
La tecnologia di sostituzione delle cellule è agli inizi ma mostra una reale promessa. Un gruppo di scienziati del Centro RIKEN per la biologia dello sviluppo in Giappone, guidato da Masayo Takahashi e Michiko Mandai, è fortemente coinvolto in questo innovativo campo di studi.
In una ricerca precedente, i ricercatori hanno trapiantato tessuti retinici, derivati da cellule staminali, in animali con degenerazione retinica allo stadio terminale. Hanno scoperto che questo tessuto poteva essere costretto a formare strati nucleari esterni strutturati che includevano fotorecettori maturi.
Mentre questo ha segnato un enorme passo avanti, i ricercatori non avevano ancora dimostrato se il trapianto di cellule potesse effettivamente ripristinare la vista. Il loro ultimo studio si proponeva di colmare questa lacuna.
La prima fase della ricerca prevedeva la riprogrammazione delle cellule della pelle di topo adulto per comportarsi in modo simile alle cellule staminali embrionali. Queste cellule sono chiamate cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). Successivamente, le iPSC sono state convertite in tessuto retinico.
Una volta impiantate in topi con degenerazione retinica allo stadio terminale, le iPSC hanno sviluppato e formato fotorecettori. A loro volta, questi fotorecettori hanno contattato direttamente le cellule vicine all’interno della retina.
«Abbiamo mostrato la creazione di sinapsi dell’oste-innesto in modo diretto e confermativo; nessuno ha mai mostrato cellule retiniche derivate da cellule staminali che rispondessero alla luce in un approccio diretto come presentato in questo studio. Abbiamo raccolto dati per sostenere che il segnale viene trasmesso alle cellule ospiti, che inviano segnali al cervello,» ha affermato Michiko Mandai.
Test per visione restaurata
Per verificare se la visione degli animali fosse stata ripristinata, i ricercatori hanno posizionato i topi in gabbie composte da due stanze. Il pavimento di una delle stanze era elettrificato in punti casuali. Prima di ogni scossa elettrica, la squadra ha fatto lampeggiare una spia. Per evitare lo shock, il topo doveva vedere la luce lampeggiante e spostarsi nella stanza adiacente.
Andando oltre le aspettative, la procedura è riuscita a ripristinare la vista in quasi la metà dei topi con degenerazione retinica allo stadio terminale. Tale successo significativo è dovuto alla scelta delle cellule da parte dei ricercatori. Il lavoro precedente ha utilizzato cellule retiniche piuttosto che il tessuto retinico differenziale impiegato in questo studio. Takahashi spiega:
«I fotorecettori nella struttura 3-D possono svilupparsi per formare una morfologia più matura e organizzata, e quindi possono rispondere meglio alla luce. Dai nostri dati, la retina post-trapianto può rispondere alla luce già a 1 mese nei topi, ma poiché la retina umana richiede più tempo per maturare, potrebbero essere necessari 5-6 mesi perché la retina trapiantata inizi a reagire alla luce.»
Takahashi e colleghi stanno ora estendendo le loro indagini per rendere questi risultati più applicabili ai pazienti. Stanno già studiando se il tessuto retinico derivato da iPSC umane possa ripristinare la funzione visiva negli animali con degenerazione retinica allo stadio terminale.
C’è ancora molto lavoro da fare, come Takahashi è ben consapevole: «È ancora una terapia in fase di sviluppo, e non ci si può aspettare di ripristinare la visione pratica al momento. Partiremo dalla possibilità di vedere una figura leggera o grande, ma spero di riuscire a ripristinare una visione più sostanziale in futuro.»
Mentre il team continua a testare nuove vie per il tessuto retinico derivato da iPSC, la capacità di ripristinare la vista si avvicina sempre di più alla realtà.
Prospettive Future nella Ricerca
Recentemente, studi clinici hanno iniziato a esplorare l’uso di cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) non solo per la rigenerazione della retina, ma anche per riparare altri tessuti oculari danneggiati. I risultati preliminari mostrano che le iPSC possono migliorare la funzione visiva in modelli animali, e ci sono speranze che queste scoperte possano tradursi in terapie per i pazienti umani nel prossimo futuro.
Inoltre, il monitoraggio dei biomarcatori post-trapianto è diventato cruciale per valutare l’efficacia della terapia e il grado di integrazione del tessuto trapiantato. La ricerca continua a progredire, e i ricercatori stanno ottimizzando protocolli per massimizzare il successo del trapianto.
In conclusione, mentre i ricercatori sono ancora in fase di sviluppo, le promettenti scoperte nel campo delle cellule staminali offrono nuove speranze per milioni di persone affette da degenerazione retinica. La strada è lunga, ma la determinazione e l’innovazione nella ricerca scientifica ci avvicinano sempre di più alla possibilità di ripristinare la vista.