Terapia Genica: Una Nuova Speranza Contro l’Alzheimer

Un trattamento genetico che utilizza un virus per introdurre un gene nel cervello potrebbe rappresentare un’opzione promettente per affrontare la malattia di Alzheimer nelle sue fasi iniziali, come suggerito da recenti ricerche pubblicate in una rivista scientifica.

Terapia genica per la prevenzione dell'Alzheimer

La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza, colpendo oltre 40 milioni di persone nel mondo. Essa porta a gravi sintomi, come la perdita di memoria, confusione e alterazioni della personalità e dell’umore. Al momento, purtroppo, non esiste una cura definitiva.

Secondo le stime del 2013 dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), negli Stati Uniti circa 5 milioni di persone vivevano con l’Alzheimer. Nel 2014, la malattia ha causato 93.541 decessi, rendendola la sesta causa principale di morte nel paese.

Un team di scienziati dell’Imperial College di Londra ha utilizzato un virus modificato per inserire un gene, noto come PGC1-alfa, nelle cellule cerebrali di topi. Questo approccio ha dimostrato di ridurre lo sviluppo della malattia di Alzheimer.

Il virus impiegato, chiamato vettore lentivirus, è frequentemente utilizzato nella terapia genica. Basandosi su ricerche precedenti, il team ha ipotizzato che potesse inibire la formazione di una proteina chiamata peptide beta-amiloide nelle cellule.

Le placche amiloidi, costituite da aggregati di proteine, si riscontrano nel cervello delle persone affette da Alzheimer e sono ritenute responsabili della morte cellulare. Il peptide beta-amiloide è il componente principale di queste placche.

Il professor Nicholas Mazarakis, co-autore dello studio, spiega che gli scienziati possono modificare il modo in cui il lentivirus infetta le cellule a loro favore, creando una versione modificata del virus per trasferire geni in cellule specifiche.

Questa tecnica è già in uso per la ricerca di trattamenti per condizioni come artrite e cancro. Recentemente, il team ha avuto successo nell’applicazione di questa strategia per fornire geni nelle cellule cerebrali di pazienti affetti da malattia di Parkinson.

La Corteccia e l’Ippocampo

Nel recente studio, i ricercatori hanno iniettato il virus in due aree chiave del cervello dei topi: la corteccia e l’ippocampo. Si ritiene che l’Alzheimer abbia origine nella corteccia e si diffonda progressivamente all’ippocampo. I primi danni possono manifestarsi anche 10-20 anni prima dell’insorgenza dei sintomi evidenti.

La corteccia è cruciale per la memoria a lungo termine, il ragionamento, il pensiero e l’umore; i danni in quest’area possono portare a depressione e difficoltà nel compiere compiti quotidiani. L’ippocampo, d’altra parte, è essenziale per l’apprendimento e la trasformazione delle memorie a breve termine in memorie a lungo termine. Danni a quest’area possono comportare la perdita di ricordi recenti, come le attività svolte durante la giornata.

Sviluppo Più Lento delle Placche Amiloidi

I topi sottoposti al trattamento avevano Alzheimer in fase iniziale e non presentavano ancora placche amiloidi. Sono stati trattati con il virus modificato contenente il gene PGC1-alfa.

Quattro mesi dopo le iniezioni, i test hanno rivelato che i topi trattati presentavano un numero ridotto di placche amiloidi, una memoria migliore e nessuna perdita di cellule cerebrali nell’ippocampo. Al contrario, i topi non trattati mostravano numerose placche nel cervello.

Per valutare la memoria, il team ha sostituito un oggetto familiare nelle gabbie dei topi con uno nuovo. Quelli con una memoria sana hanno esplorato il nuovo oggetto più a lungo, mostrando prestazioni simili a quelle di topi sani.

Inoltre, i topi trattati presentavano un numero inferiore di cellule gliali, le quali, nella malattia di Alzheimer, possono contribuire a danneggiare ulteriormente le cellule rilasciando sostanze tossiche infiammatorie.

«Sebbene questi risultati siano ancora preliminari, suggeriscono che questa terapia genica potrebbe avere un potenziale uso terapeutico per i pazienti,» afferma il professor Mazarakis. «Ci sono ancora molte sfide da affrontare; al momento, l’unico modo per somministrare il gene è tramite iniezioni dirette nel cervello. Tuttavia, questo studio dimostra che questo approccio merita ulteriori indagini.»

La dott.ssa Magdalena Sastre, autrice senior dello studio, e il suo team sperano che i risultati possano aprire nuove strade per terapie future, sia per prevenire la malattia che per fermarla nelle sue fasi iniziali. Anche se ci vorranno anni prima che possa essere applicato clinicamente, sono fiduciosi nel potenziale di questo trattamento nelle fasi iniziali dell’Alzheimer.

Il Dr. David Reynolds, responsabile scientifico dell’Alzheimer’s Research UK, definisce i risultati «un passo promettente verso lo sviluppo di terapie per questa condizione devastante».

Il PGC1-alfa gioca un ruolo cruciale nella regolazione del metabolismo degli zuccheri e dei grassi nel corpo. Altri studi hanno suggerito che l’esercizio fisico e il resveratrolo – un composto presente nel vino rosso – possono aumentare i livelli di PGC1-alfa.

Recenti scoperte indicano che il successo nei test di memoria verbale potrebbe significare che alcune donne non ricevono una diagnosi precoce di Alzheimer, aprendo la strada a ulteriori ricerche in questo ambito.

Prospettive Future nella Ricerca sull’Alzheimer

La crescente comprensione dei meccanismi biologici alla base dell’Alzheimer è fondamentale per sviluppare nuove strategie di trattamento. Studi recenti hanno dimostrato che le terapie geniche, come quella testata dai ricercatori dell’Imperial College, possono non solo ridurre le placche amiloidi, ma anche migliorare le funzioni cognitive nei modelli animali. È cruciale continuare a investire nella ricerca per tradurre questi risultati promettenti in trattamenti efficaci per gli esseri umani.

Inoltre, la personalizzazione delle terapie in base al profilo genetico del paziente potrebbe rappresentare una chiave per affrontare la variabilità nella risposta ai trattamenti. Gli studi futuri potrebbero anche esplorare l’integrazione di approcci terapeutici multidisciplinari per massimizzare l’efficacia dei trattamenti e rallentare la progressione della malattia.

In conclusione, mentre ci sono ancora molte incognite, la ricerca sulla terapia genica per l’Alzheimer offre una nuova luce di speranza per il futuro, con il potenziale per cambiare radicalmente il panorama terapeutico di questa malattia devastante.

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