I sintomi depressivi, in particolare, insieme allo stress cronico, rappresentano un fattore di rischio significativo per la comparsa di ictus o attacchi ischemici transitori negli anziani. Recenti studi hanno evidenziato che sentimenti di ostilità, sebbene non di rabbia, sono anch’essi associati a un incremento del rischio di malattie cerebrovascolari.
Una ricerca condotta su oltre 6.700 individui di età compresa tra 45 e 84 anni, pubblicata nel periodico della American Heart Association, ha confrontato le percentuali di mini-ictus tra persone con diversi profili psicologici, valutati tramite questionario.
Rispetto ai partecipanti con punteggi psicologici sani, quelli con punteggi più bassi hanno mostrato aumenti percentuali significativi nella probabilità di avere un ictus o un attacco ischemico transitorio (TIA):
- 86% per i punteggi elevati di sintomi depressivi
- 59% per i punteggi più alti di stress cronico.
Riguardo ai sentimenti di ostilità, definiti come un modo negativo di percepire il mondo, questi hanno comportato un raddoppiamento del rischio rispetto a chi non manifestava tale profilo. È interessante notare che i sentimenti di rabbia non hanno avuto un impatto significativo.
La dottoressa Susan Everson-Rose, principale autrice dello studio e professoressa associata di medicina all’Università del Minnesota, ha affermato:
«C’è una forte enfasi sui fattori di rischio tradizionali come colesterolo, pressione sanguigna e fumo, che rimangono fondamentali, ma studi come questo dimostrano che le caratteristiche psicologiche sono altrettanto cruciali».
Lo stress cronico è stato misurato attraverso valutazioni in cinque aree della vita dei partecipanti:
- Problemi di salute personale
- Problemi di salute delle persone a loro vicine
- Situazione lavorativa o capacità di lavorare
- Relazioni interpersonali
- Stato finanziario.
Un’analisi su decenni in sei città americane
I dati utilizzati per questa analisi provengono da uno studio condotto in sei località statunitensi, noto come lo studio multietnico di aterosclerosi.
I 6.749 partecipanti provenivano da un ampio ventaglio etnico, inclusi Baltimora, Maryland; Chicago, Illinois; Forsyth County, Carolina del Nord; Los Angeles, California; New York City, New York; e Saint Paul, Minnesota.
Un numero quasi uguale di uomini e donne non presentava evidenze di malattia cardiovascolare all’inizio della ricerca, condotta nei primi anni 2000.
Durante i primi due anni di reclutamento, sono stati valutati i valori basali di depressione e stress cronico, e i soggetti sono stati monitorati per un periodo che va da 8,5 a 11 anni.
Nel corso dello studio, si sono verificati 147 ictus e 48 TIA, e i ricercatori hanno eseguito un’analisi statistica per confrontare i tassi di malattia in base ai diversi livelli di salute psicologica.
Meccanismi Biologici e Nuove Prospettive
Gli autori hanno escluso che i risultati dell’ictus possano essere spiegati da una scarsa salute psicologica, che spesso influisce negativamente sullo stile di vita fisico. Le persone che vivono stress e emozioni negative tendono a presentare profili comportamentali avversi e a faticare a mantenere uno stile di vita sano e a seguire le raccomandazioni terapeutiche.
I fattori di stile di vita considerati nello studio includevano:
- Fumo
- Attività fisica
- Consumo di alcol
- Indice di massa corporea
- Pressione sanguigna.
Nonostante questi fattori, se si presume che depressione e stress possano avere un effetto diretto causale sull’ictus, gli autori offrono solo idee teoriche su quale possa essere il legame biologico. «Lo stress e le emozioni negative attivano l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene», spiegano, e tale attivazione influisce sulla coagulazione del sangue, insieme ad altri effetti menzionati nello studio.
Tuttavia, questi fattori non sono stati testati direttamente nello studio. Un’altra via, quella degli effetti infiammatori, è stata esaminata parzialmente, ma sono state trovate «poche prove» a sostegno di questa ipotesi.
I meccanismi infiammatori sono considerati «plausibili», poiché «i fattori psicosociali misurati sono associati a un aumento della proteina C-reattiva, del fibrinogeno e dell’interleuchina 6, che sono correlati al rischio di ictus».
La conclusione dello studio afferma: «Il nostro lavoro evidenzia associazioni tra ictus e sintomi depressivi, stress cronico e ostilità, che non sono spiegabili dai fattori di rischio tradizionali, dai marker infiammatori o dall’aterosclerosi subclinica.»
«È fondamentale acquisire una comprensione più approfondita dei fattori di rischio modificabili per l’ictus, inclusi stress e emozioni negative, considerando l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’incidenza di ictus».
Nuove Ricerche e Dati Aggiornati per il 2024
Recenti ricerche del 2024 hanno confermato e ampliato queste scoperte, evidenziando ulteriormente l’importanza di affrontare le problematiche psicologiche per prevenire eventi cerebrovascolari. Nuove analisi mostrano che l’integrazione di approcci terapeutici mirati alla gestione dello stress e delle emozioni negative può ridurre significativamente il rischio di ictus.
In particolare, studi recenti suggeriscono che interventi di supporto psicologico e programmi di mindfulness possono migliorare la salute mentale degli anziani e, di riflesso, la loro salute cardiovascolare. Inoltre, è stato osservato che le persone che partecipano regolarmente a attività fisiche e sociali hanno una minore incidenza di eventi cerebrovascolari, grazie a una migliore gestione dello stress.
La comunità scientifica sottolinea la necessità di ulteriori ricerche per esplorare i meccanismi sottostanti e sviluppare strategie preventive efficaci. È cruciale che i professionisti della salute considerino il benessere psicologico come parte integrante della salute globale, specialmente in una popolazione che invecchia e affronta un crescente carico di ictus.