La malattia di Parkinson è la seconda patologia neurologica più comune negli Stati Uniti, manifestandosi con tremori, lentezza nei movimenti, instabilità posturale e compromissione dell’equilibrio e della coordinazione. Recenti risultati di una revisione suggeriscono che i sintomi di questa condizione potrebbero essere migliorati grazie all’uso della marijuana.
La revisione è stata condotta dal Prof. Zvi Loewy, del Touro College of Pharmacy di New York. I risultati sono stati pubblicati su una rivista accademica.
I ricercatori notano che la marijuana medica è stata autorizzata in diversi stati degli Stati Uniti per alleviare i sintomi di malattie come il cancro, HIV/AIDS, glaucoma, dolore cronico, convulsioni, cachessia e sclerosi multipla.
Recentemente, un altro studio ha suggerito che il tetraidrocannabinolo (THC) – il principale composto attivo nella marijuana – può ridurre i livelli di beta-amiloide nelle cellule nervose, una proteina legata al morbo di Alzheimer.
Negli Stati Uniti, il morbo di Parkinson (PD) affligge circa 1 milione di persone. Si tratta di una malattia progressiva, il che significa che tende a peggiorare nel tempo, e si verifica quando il cervello smette di produrre dopamina.
La dopamina è un neurotrasmettitore cruciale per il movimento, così come per le funzioni cognitive e psicologiche.
Attualmente non esiste una cura per la malattia; i trattamenti disponibili presentano diverse limitazioni e non rallentano la progressione del PD.
La marijuana dovrebbe essere studiata per alleviare il dolore del PD
I ricercatori di questo studio affermano che recenti ricerche hanno indicato che il sistema endocannabinoide gioca un ruolo fondamentale nel PD. Infatti, i componenti di questo sistema «sono altamente espressi nel circuito neurale dei gangli della base, che fa parte di un complesso sistema neuronale», affermano.
Fatti veloci sul PD:
- Il morbo di Parkinson colpisce di solito persone di età superiore ai 60 anni;
- I quattro sintomi principali sono tremore, rigidità, lentezza di movimento e instabilità posturale;
- Non esiste attualmente una cura per la condizione.
Per approfondire, il sistema neuronale menzionato coordina attività provenienti da alcune aree corticali che controllano il movimento.
«Quando abbiamo iniziato a fare questa revisione», afferma il Prof. Loewy, «le terapie disponibili si concentravano principalmente sui sintomi motori, ma il Parkinson presenta anche sintomi non motori che incidono notevolmente sulla qualità della vita dei pazienti».
Per andare oltre, lui e il suo team hanno condotto un’analisi dettagliata della letteratura riguardante gli studi sulla marijuana.
La scoperta più significativa è stata che i componenti chimici della marijuana possono apportare benefici per vari sintomi del PD.
Ad esempio, il Prof. Loewy sottolinea che la marijuana ha dimostrato di alleviare il dolore in altre patologie, aggiungendo che dovrebbe essere studiata per il trattamento del dolore nelle persone affette da PD. Il dolore colpisce quasi il 50% dei malati di questa condizione, notano i ricercatori.
Ma perché la marijuana sembra così promettente per il PD? Secondo il team, i composti cannabinoidi della marijuana si legano ai recettori della dopamina, contribuendo a ridurre gli effetti della diminuzione di dopamina nel cervello.
«In sostanza, i composti sostituiscono i normali neurotrasmettitori che sono influenzati negativamente dal morbo di Parkinson», afferma il Prof. Loewy.
Prevenire il danno neuronale potrebbe rallentare la progressione della malattia
Un risultato cruciale della loro revisione riguarda gli effetti anti-infiammatori e antiossidanti della marijuana, che possono contribuire a prevenire il danno neuronale.
I ricercatori evidenziano che l’infiammazione può danneggiare i neuroni responsabili della produzione di dopamina – la cui carenza è associata a problemi di movimento nel Parkinson. Pertanto, affermano che prevenire il danno neuronale potrebbe rallentare la progressione della PD.
Sottolineano la necessità di sviluppare farmaci più sicuri per trattare la PD, aggiungendo che la cannabis «può rappresentare un’alternativa valida o un complemento ai trattamenti attuali per la malattia di Parkinson».
Tuttavia, come con qualsiasi sostanza, ci sono dei rischi da considerare. Ricerche recenti hanno rivelato alcuni effetti negativi dell’uso della marijuana, come perdita di memoria, aumento del rischio di osteoporosi e compromissione della funzione vascolare.
Inoltre, uno studio pubblicato ad aprile di quest’anno ha suggerito che l’uso di marijuana potrebbe ridurre i livelli di dopamina nel cervello, quindi è fondamentale considerare come questo possa influenzare la PD.
I ricercatori di questo studio concludono che «sono necessari ulteriori studi per fornire dati più dettagliati sull’efficacia, la sicurezza, la farmacocinetica e le interazioni tra i cannabinoidi».
Leggi di una nuova terapia per il Parkinson che viene presentata come una rivoluzione nel trattamento.
Prospettive Future sulla Cannabis nel Trattamento del Parkinson
Con l’evoluzione della ricerca scientifica, il campo della cannabis terapeutica si sta ampliando rapidamente. Diversi studi clinici stanno iniziando a esaminare l’efficacia della cannabis nel trattamento di sintomi specifici del Parkinson, come l’ansia e la depressione, che spesso accompagnano la malattia. I risultati preliminari sono promettenti e suggeriscono che la cannabis potrebbe non solo alleviare il dolore ma anche migliorare il benessere generale dei pazienti. È fondamentale continuare a monitorare questi sviluppi e promuovere studi rigorosi per garantire che i benefici della marijuana siano pienamente compresi e sfruttati in modo sicuro e efficace.