Il morbo di Parkinson e la demenza con corpi di Lewy sono entrambi caratterizzati da una compromissione della funzione cerebrale legata alla morte neurale. Un nuovo importante studio ha identificato come il principale colpevole del danno neuronale – la proteina alfa-sinucleina – danneggia i neuroni.
La malattia di Parkinson è una condizione neurodegenerativa caratterizzata da compromissione della funzione motoria e senso dell’equilibrio fisico. I suoi sintomi derivano dal danno e dalla morte delle cellule cerebrali, anch’essi una caratteristica della demenza nota come malattia neurodegenerativa con corpi di Lewy (DLB).
Il DLB presenta sia la compromissione della funzione motoria tipica del Parkinson, sia la perdita di memoria e altri tipi di declino cognitivo che caratterizzano la malattia di Alzheimer. Le persone con malattia di Parkinson possono anche sviluppare una forma di demenza chiamata «demenza di malattia di Parkinson».
In tutte queste malattie, il misfolding – ossia la errata strutturazione – di una proteina chiamata «alfa-sinucleina» porta alla formazione di depositi che interferiscono con il sano funzionamento delle cellule cerebrali. Tipicamente, questi aggregati si trovano nei neuroni dell’ippocampo, una regione del cervello cruciale per l’apprendimento e la memoria.
Sebbene sia noto che gli aggregati di alfa-sinucleina misfolded portino alla morte delle cellule cerebrali e quindi a una grave compromissione delle funzioni cognitive, fino ad ora i ricercatori non avevano compreso i meccanismi sottostanti a questo esito. In un nuovo studio, la ricercatrice senior Laura Volpicelli-Daley dell’Università dell’Alabama di Birmingham e i suoi colleghi hanno cercato di colmare questa lacuna di conoscenza.
Il loro articolo, recentemente pubblicato, spiega quali cambiamenti avvengono a livello cellulare nel cervello dopo la formazione di aggregati di alfa-sinucleina e prima della morte neuronale. Volpicelli-Daley e il suo team sperano che queste scoperte possano portare a trattamenti migliorati che possano prevenire o addirittura contribuire a invertire i danni neurali che potrebbero causare la demenza.
«Nella malattia di Parkinson, è possibile somministrare la levodopa per migliorare la funzione motoria, ma non c’è nulla che possa fermare i sintomi non motori», spiega Volpicelli-Daley.
Mappatura di alterazioni neurali anormali
In uno studio precedente, Volpicelli-Daley e il suo team avevano sviluppato un modello sperimentale di depositi artificiali di alfa-sinucleina in vitro, che ha permesso loro di simulare lo sviluppo di questi aggregati nelle cellule cerebrali. Per la nuova ricerca, gli scienziati hanno applicato questa tecnica per ottenere aggregati di alfa-sinucleina, che sono stati poi introdotti nelle cellule cerebrali dei topi.
Hanno quindi studiato i cambiamenti che si sono verificati nei neuroni dell’ippocampo dopo 7 giorni, un intervallo di tempo in cui non si sarebbe ancora innescata la morte delle cellule cerebrali. A quel punto, sono stati osservati alti livelli di alfa-sinucleina negli assoni delle cellule cerebrali, le proiezioni responsabili della trasmissione degli impulsi elettrici tra i neuroni.
Ciò che Volpicelli-Daley e i suoi colleghi hanno scoperto è che gli aggregati di alfa-sinucleina avevano causato anomalie nei «meccanismi di comunicazione» dei neuroni ippocampali. Vi era, infatti, un’attività anomala sia nei terminali presinaptici (trasmissione del segnale) che in quelli postsinaptici (ricezione del segnale) delle cellule cerebrali, e questi cambiamenti si verificavano prima che la neurodegenerazione e la morte cellulare fossero innescate.
«Qualcosa sta chiaramente accadendo nei neuroni prima della loro morte», osserva Volpicelli-Daley, aggiungendo: «C’è una maggiore attività presso il terminale presinaptico, il sito del neurone che rilascia neurotrasmettitori». D’altra parte, «c’è una diminuzione dell’attività postsinaptica, dove queste sostanze chimiche attivano i sistemi di messaggistica», suggerendo che i neuroni stiano cercando di adattarsi all’aumento dell’attività.
Questo non è un buon segno, poiché «col tempo, questa attività anomala potrebbe portare alla morte dei neuroni», come spiega Volpicelli-Daley.
«Uno studio rivoluzionario»
Tuttavia, il lavoro dei ricercatori non si esaurisce qui. L’autore senior sottolinea la necessità di ulteriori ricerche sulla misteriosa alfa-sinucleina e sul ruolo che svolge nel funzionamento delle cellule cerebrali. «Il passo successivo», afferma Volpicelli-Daley, «sarà studiare come l’alfa-sinucleina aumenti l’attività presinaptica e se ciò rappresenta una perdita di funzione o è causato dalla formazione di aggregati tossici».
Jeremy Herskowitz, altro ricercatore senior di questo studio, suggerisce che il lavoro del team costituisce un nuovo punto di riferimento nella ricerca sulla malattia di Parkinson e sulla demenza. «Questo è uno studio pionieristico, uno dei primi a affrontare questioni critiche e precedentemente elusive su come l’alfa-sinucleina tossica influisca sulla struttura e sulla fisiologia dei neuroni della memoria».
Prospettive Future nella Ricerca sulla Demenza
Con le recenti scoperte, la comunità scientifica sta iniziando a comprendere meglio i meccanismi che portano alla neurodegenerazione. L’importanza di identificare i cambiamenti precoci nelle cellule cerebrali potrebbe aprire la strada a interventi terapeutici mirati e tempestivi. Studi recenti suggeriscono che l’uso di terapie mirate all’alfa-sinucleina, come gli anticorpi monoclonali, potrebbe ridurre la formazione di aggregati e migliorare la salute neuronale.
Inoltre, la ricerca continua a esplorare il potenziale di approcci neuroprotettivi, come integratori nutrizionali e modifiche dello stile di vita, per sostenere la funzione cerebrale nei pazienti con Parkinson. Alcuni studi hanno mostrato che l’esercizio fisico regolare e una dieta ricca di antiossidanti possono avere effetti positivi sulla neuroplasticità e sulla funzione cognitiva.
In sintesi, mentre le sfide nella ricerca sulla demenza di Parkinson rimangono, le nuove scoperte offrono speranza per futuri trattamenti e approcci preventivi, potenzialmente migliorando la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie.