I sopravvissuti al cancro al seno con determinate caratteristiche potrebbero avere un rischio più elevato di sviluppare leucemia dopo chemioterapia o radioterapia, secondo uno studio pubblicato online in Italia.
Alcuni trattamenti contro il cancro, pur mirati a colpire le cellule tumorali, possono avere effetti collaterali sulle cellule sane, aumentando così il rischio di sviluppare leucemia in un secondo momento. La leucemia correlata alla terapia (TRL) è spesso letale; attualmente, la maggior parte dei casi si verifica in sopravvissuti al cancro al seno.
Si ritiene che il TRL derivi direttamente da eventi mutazionali scatenati dall’esposizione a farmaci citotossici utilizzati nel trattamento del cancro; tuttavia, i ricercatori non comprendono appieno i meccanismi alla base di questo fenomeno e i fattori di rischio associati.
Il fatto che i sopravvissuti al cancro stiano vivendo più a lungo dopo il trattamento rende fondamentale comprendere e prevenire questa complicanza.
Un team, guidato dalla dottoressa Jane Churpek dell’Università di Chicago, ha esaminato le caratteristiche di 88 sopravvissuti al cancro al seno con leucemia correlata alla terapia. I partecipanti avevano un’età compresa tra 23 e 83 anni al momento della diagnosi del tumore al seno, con un’età media di 52 anni.
I risultati suggeriscono i motivi alla base di TRL
Informazioni sulla precedente esposizione a trattamenti citotossici erano disponibili per il 98% dei partecipanti; il 78% di essi era stato trattato con chemioterapia e il 79% con radioterapia. Alcuni partecipanti avevano ricevuto entrambe le forme di trattamento.
Tra gli 88 partecipanti studiati, il 22% ha sviluppato un ulteriore tumore. Dei 70 partecipanti con una storia familiare documentata, il 57% aveva un parente stretto affetto da cancro al seno, alle ovaie o al pancreas. Dei 47 soggetti con dati sul DNA disponibili, il 21% presentava una mutazione ereditaria in geni associati al cancro, tra cui BRCA1 e BRCA2.
I sopravvissuti al cancro al seno che sviluppano il TRL spesso presentano storie personali e familiari che indicano una predisposizione al cancro ereditario.
Il dottor Churpek afferma:
«I risultati giustificano uno studio di follow-up a lungo termine nelle donne con e senza mutazioni genetiche ereditarie associate al cancro al seno, trattate con terapie simili. Questo ci permetterebbe di comprendere come questi geni influiscano sul rischio di leucemia correlato alla terapia e se trattamenti specifici comportino rischi più elevati in base alla genetica ereditaria di una donna.»
La dottoressa Churpek suggerisce che tale conoscenza potrebbe consentire ai medici di adottare un approccio più personalizzato ai potenziali rischi e benefici dei trattamenti iniziali per il cancro al seno.
I ricercatori sperano che i risultati rappresentino un primo passo verso la ricerca di strategie per prevenire questa grave e potenzialmente letale complicanza.
In un editoriale correlato, la dottoressa Judith Karp e il dottor Antonio Wolff della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, MD, sottolineano l’importanza di chiarire cosa costituisca la leucemia correlata alla terapia e come si possa distinguere da neoplasie secondarie non correlate al trattamento precedente.
Aggiungono che i registri esistenti sul cancro familiare potrebbero rivelarsi utili per determinare la frequenza del TRL e le sue associazioni con le terapie ricevute e le alterazioni genetiche germinali note.
Gli editori commentano che il crescente corpus di informazioni sugli effetti a lungo termine delle varie terapie diventerà sempre più cruciale nella riduzione e prevenzione del rischio di cancro.
Recentemente, è stato segnalato che il gene BRCA1, noto per il suo legame con il cancro al seno, potrebbe avere anche implicazioni per la malattia di Alzheimer.
Prospettive Future sulla Prevenzione del TRL
Nel 2024, la ricerca continua a concentrarsi su strategie innovative per monitorare e prevenire la leucemia nei sopravvissuti al cancro al seno. Studi recenti hanno evidenziato l’importanza di un follow-up attento e personalizzato, che consideri non solo la storia clinica ma anche il profilo genetico dei pazienti. L’introduzione di test genetici avanzati potrebbe aprire nuove strade per identificare i pazienti ad alto rischio e adattare i trattamenti in modo più mirato.
Inoltre, l’integrazione di terapie adiuvanti e approcci multidisciplinari potrebbe contribuire a ridurre l’incidenza di effetti collaterali a lungo termine, come il TRL, migliorando la qualità della vita e le prospettive di salute per i sopravvissuti. La comunità scientifica è chiamata a unire le forze per approfondire queste tematiche e garantire un futuro più sicuro per le pazienti.