Studi e relazioni sul fatto che le donne lesbiche o bisessuali siano associate a un rischio più elevato di sviluppare il cancro al seno mostrano risultati irregolari e spesso contraddittori. I registri, le indagini e le banche dati sui tumori nazionali non raccolgono sistematicamente informazioni sull’orientamento sessuale degli individui.
Mentre i sostenitori di gruppi etnici, razziali e geografici sono riusciti a raccogliere dati e a sostenere il loro caso in modo convincente riguardo alle disparità nella salute e nell’accesso a cure sanitarie adeguate, la comunità lesbica fatica a fare altrettanto, in quanto non esiste un metodo semplice per raccogliere tali informazioni.
Liz Margolies, del National LGBT Cancer Network, sottolinea che, sebbene alcune ricerche incentrate sui rischi per la salute delle lesbiche siano state condotte, i risultati sono stati «incoerenti» a causa delle dimensioni ridotte dei campioni analizzati.
Margolies invita organizzazioni come il Lesbian Health Research Center presso l’UC Medical Center di San Francisco a condurre studi su larga scala dedicati alle donne lesbiche e al cancro. Con un adeguato finanziamento, potrebbero emergere studi di grande rilevanza e con risultati più accurati.
La National Cancer Network LGBT osserva che una teoria del «cluster di fattori di rischio» continua a circolare riguardo alle lesbiche e al cancro al seno. È probabile che questa teoria persista fino a quando non saranno condotti studi su larga scala ben progettati.
Dal punto di vista fisiologico e genetico, le donne lesbiche ed eterosessuali non presentano differenze significative. Pertanto, eventuali variazioni nei tassi di cancro al seno potrebbero derivare dallo stress e dallo stigma associati alla vita in una società dove l’omofobia e la discriminazione esercitano un forte impatto. Comportamenti scaturiti da queste pressioni sociali potrebbero amplificare il rischio di cancro, raddoppiando le probabilità di sviluppare la malattia, soprattutto se considerati nel loro insieme. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che senza un’adeguata ricerca, questi fattori rimangono puramente teorici.
Margolies avverte che nessuno ha certezze riguardo all’impatto di ciascun potenziale fattore comportamentale. Un numero significativo di individui con fattori di rischio ben definiti non ha mai sviluppato un cancro.
I quattro fattori di rischio più comunemente citati nelle ricerche recenti che si sono concentrate sulle lesbiche e sul rischio di cancro includono:
- Fumo – secondo alcuni studi, il fumo regolare di tabacco risulta essere più diffuso tra le donne lesbiche rispetto alle donne eterosessuali.
- Consumo di alcol – l’abuso di alcol e/o un consumo regolare di alcol appare essere più comune tra le lesbiche rispetto ad altre donne, secondo alcune ricerche.
- Peso corporeo – si osserva che le lesbiche, in media, tendono a pesare di più rispetto ad altre donne della stessa età e altezza.
- Gravidanza e allattamento – è possibile che una percentuale più elevata di donne eterosessuali allatti al seno durante la loro vita, rispetto alle donne lesbiche. L’allattamento al seno ha dimostrato di ridurre il rischio di cancro al seno. Liz Margolies evidenzia che le lesbiche hanno meno probabilità di rimanere incinte e partorire prima dei 30 anni, un fattore che potrebbe influire sul rischio di cancro.
- Screening del cancro – studi hanno costantemente dimostrato che una percentuale inferiore di lesbiche riceve mammografie, pap test e colonscopie rispetto ad altre donne. Margolies ritiene che questo sia in parte dovuto a problematiche economiche e alla convinzione che le lesbiche non saranno accolte favorevolmente, sia per paura percepita sia per esperienze passate.
È importante notare che anche una lesbica in una relazione stabile è meno probabile che abbia accesso alla copertura assicurativa sanitaria del partner, poiché non sarà riconosciuta come coniuge. Al contrario, per le donne eterosessuali c’è una maggiore probabilità che, se il partner riceve copertura tramite il datore di lavoro, anche lei ne possa beneficiare.
Un numero significativo di lesbiche evita di cercare assistenza medica per esami di routine a causa della paura di essere discriminate o maltrattate dal personale sanitario. Questo timore spesso deriva da esperienze reali, come evidenziato da Margolies.
Anche se gli screening di routine sono offerti gratuitamente, finché gli operatori sanitari non comprenderanno ciò che è rilevante per le vite e le esigenze delle donne lesbiche, ad esempio fornendo moduli pertinenti, è improbabile che la situazione cambi. Di conseguenza, i tassi di screening tra le lesbiche continueranno a rimanere inferiori rispetto a quelli delle donne eterosessuali.
La tragica conseguenza di questi ostacoli agli screening di routine è che una percentuale più alta di lesbiche viene diagnosticata con il cancro nelle fasi avanzate della malattia, quando risulta assai più difficile da trattare.
Liz Margolies, residente a New York, riflette su come deve essere per una lesbica che vive in una piccola città, ricevere una diagnosi di cancro e cercare gruppi di supporto, solo per scoprire che la maggior parte è rivolta a donne eterosessuali.
Recenti studi hanno iniziato a esplorare ulteriormente questi temi, suggerendo l’importanza di un approccio più inclusivo e mirato nella ricerca e nella cura delle donne lesbiche. Ad esempio, una ricerca del 2023 ha rilevato che le lesbiche che partecipano a programmi di screening e prevenzione sono significativamente più propense a ricevere diagnosi precoci e trattamenti efficaci. Inoltre, i dati del National Cancer Institute mostrano che i tassi di mortalità per cancro al seno stanno diminuendo per le donne che praticano regolarmente screening, evidenziando l’importanza di garantire accesso e risorse adeguate per tutte le donne, indipendentemente dal loro orientamento sessuale. È fondamentale che le politiche sanitarie si adattino a queste necessità per migliorare la salute generale della comunità lesbica.
Scritto da Christian Nordqvist (adattato da un testo scritto da Liz Margolies)