I ricercatori hanno recentemente identificato un meccanismo chiave attraverso il quale si sviluppano i gruppi di proteine tossiche nel cervello dei pazienti affetti da malattia di Parkinson. Sorprendentemente, questo potrebbe essere trattato con farmaci già approvati per un’altra condizione.
In un articolo pubblicato su una rivista scientifica, gli scienziati hanno illustrato come l’aumento di un tipo di lipidi noto come glucosilceramide porta all’accumulo di aggregati tossici di proteina alfa-sinucleina all’interno delle cellule cerebrali responsabili della produzione di dopamina.
Il team ha dimostrato che il trattamento con un inibitore della glucosilceramide sintasi, già approvato per uso clinico, ha portato a una significativa riduzione di queste proteine tossiche, un caratteristico segno distintivo del morbo di Parkinson.
«Alcune aziende,» afferma l’autore senior dello studio, Joseph Mazzulli, assistente professore di neurologia alla Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago, «hanno utilizzato inibitori della sintasi per limitare la sintesi dei lipidi. Nel nostro studio, abbiamo applicato un composto simile a neuroni derivati dai pazienti».
«Siamo riusciti a dimostrare una riduzione dell’aggregazione di alfa-sinucleina tossica direttamente all’interno di neuroni derivati dai pazienti affetti da Parkinson», aggiunge l’autore.
Il morbo di Parkinson e la morte delle cellule dopaminergiche
La malattia di Parkinson è una condizione neurodegenerativa progressiva che origina dalla morte delle cellule in una zona del cervello chiamata substantia nigra. Queste cellule producono dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale per la regolazione del movimento.
I sintomi principali del morbo di Parkinson includono tremori, bradicinesia (lentezza dei movimenti) e rigidità muscolare, insieme a una diminuzione dell’equilibrio e della coordinazione. Altri sintomi possono includere variazioni emotive, disturbi del sonno, depressione, difficoltà nel parlare, problemi di deglutizione e stitichezza.
Il Parkinson colpisce prevalentemente le persone sopra i 60 anni, anche se alcuni casi possono manifestarsi in pazienti al di sotto dei 50 anni. Con il peggioramento dei sintomi, diventa sempre più difficile gestire le attività quotidiane e mantenere un’esistenza indipendente.
Nel mondo, oltre 10 milioni di persone vivono con la malattia di Parkinson, di cui circa 1 milione negli Stati Uniti, dove vengono diagnosticati annualmente circa 60.000 nuovi casi.
Sebbene non esista ancora una cura definitiva per la malattia di Parkinson, sono disponibili diversi farmaci e trattamenti che possono alleviare i sintomi per molti pazienti.
Mutazioni GBA1 e la malattia di Parkinson
Nel documento di studio, il Prof. Mazzulli e il suo team evidenziano che una mutazione nel gene della glucocerebrosidasi (GBA1) rappresenta un forte fattore di rischio per lo sviluppo di aggregati tossici di alfa-sinucleina nel contesto del Parkinson.
Il gene GBA1 produce una proteina fondamentale per il corretto funzionamento dei lisosomi, che sono organelli cellulari responsabili della degradazione della glucosilceramide e di altri lipidi.
Le persone con una copia mutata di GBA1 presentano livelli superiori alla norma di glucosilceramide, aumentando così il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson.
Possedere due copie mutate del gene, una ereditata da ciascun genitore, può causare la malattia di Gaucher, una rara condizione in cui i lisosomi non funzionano correttamente, portando all’accumulo di lipidi nel corpo.
Tuttavia, sebbene sia noto che le mutazioni nel gene GBA1 siano collegate allo sviluppo di aggregati tossici di alfa-sinucleina, il meccanismo esatto che sottende questa relazione non era chiaro fino a questo nuovo studio.
GBA1 mutato potrebbe non essere necessario
Per indagare, gli scienziati hanno esaminato gli effetti di un farmaco in grado di aumentare i livelli di glucosilceramide in neuroni produttori di dopamina derivati da cellule staminali. Queste cellule non presentavano mutazioni nel gene GBA1.
I risultati hanno rivelato che, anche in assenza del gene mutato, si verificava un notevole accumulo di aggregati tossici di alfa-sinucleina nei neuroni.
Il Prof. Mazzulli suggerisce che ciò indica che la conversione della normale alfa-sinucleina nella sua forma tossica non dipende esclusivamente dalla presenza della proteina mutata GBA1, ma piuttosto dalla diminuzione dell’attività e dall’accumulo di glucosilceramide.
Complesso alfa-sinucleina e aggregati tossici
Analizzando più a fondo il processo di conversione dell’alfa-sinucleina dalla sua forma normale a quella tossica, il team ha scoperto che la situazione era più complessa di quanto precedentemente supposto. Non si trattava semplicemente della semplice forma di alfa-sinucleina che si convertiva in aggregati tossici.
In realtà, la glucosilceramide stava convertendo direttamente la forma complessa di alfa-sinucleina in aggregati tossici. «Siamo rimasti sorpresi di scoprire che l’aggregazione tossica avveniva tramite la conversione diretta del grande complesso di alfa-sinucleina», spiega il Prof. Mazzulli.
«Inizialmente pensavamo che il complesso dovesse essere smontato prima di formare aggregati tossici, ma i nostri dati hanno indicato il contrario».
Il professore aggiunge che i farmaci sviluppati per la malattia di Gaucher potrebbero offrire un’opportunità per affrontare questo specifico meccanismo.
Questi risultati forniscono anche un nuovo strumento per valutare l’efficacia dei farmaci nelle sperimentazioni cliniche. Mentre l’obiettivo del trattamento del Parkinson è ridurre gli aggregati di alfa-sinucleina, la misurazione dei livelli di questa proteina tossica nei pazienti viventi rappresenta una sfida.
«È molto più semplice misurare gli effetti delle terapie che modificano i livelli di glucosilceramide nei pazienti, in quanto questo lipide può essere quantificato direttamente da fluidi facilmente accessibili, come il sangue o il liquido cerebrospinale», concluse il Prof. Joseph Mazzulli.
Nuove Scoperte e Prospettive per il Futuro
Con l’emergere di nuove ricerche, la comprensione della malattia di Parkinson sta evolvendo rapidamente. Recenti studi indicano che l’interazione tra vari lipidi e proteine potrebbe giocare un ruolo cruciale nel determinare la progressione della malattia. Ad esempio, ricerche del 2024 hanno documentato come la modulazione dei livelli di glucosilceramide possa non solo ridurre l’aggregazione di alfa-sinucleina, ma anche migliorare la funzione neuronale nei modelli animali.
Inoltre, sono in corso trial clinici che esplorano l’uso di terapie combinate per affrontare simultaneamente diversi aspetti della malattia, mirando a migliorare la qualità della vita dei pazienti. È fondamentale continuare a monitorare queste evoluzioni, poiché potrebbero portare a nuovi approcci terapeutici che, un giorno, potrebbero cambiare radicalmente il panorama del trattamento per il morbo di Parkinson.