Per molti di noi, le risate sono contagiose. Tuttavia, una nuova ricerca suggerisce che per i bambini a rischio di sviluppare psicopatia in età adulta, questo potrebbe non essere affatto vero.
Un recente studio pubblicato su una rivista scientifica di rilevanza ha esaminato come i bambini a rischio di psicopatia reagiscono alle risate. La ricerca è stata condotta da Essi Viding, professore di psicopatologia dello sviluppo presso l’University College di Londra nel Regno Unito.
Come afferma il Prof. Viding, «la psicopatia è un disturbo della personalità che emerge negli adulti, ma sappiamo dalla ricerca longitudinale che alcuni bambini presentano un rischio più elevato di svilupparla».
Questi bambini mostrano due tratti principali della personalità: sono inclini a comportamenti dirompenti e manifestano «tratti insensibili e privi di emozione».
Nel nuovo studio, i ricercatori hanno analizzato questi tratti e hanno ipotizzato che i bambini che li manifestano sarebbero un po’ «immuni» al contagio sociale tipico delle risate. Hanno esplorato questa ipotesi sia a livello comportamentale che neurale.
Il Prof. Viding spiega la motivazione dello studio nel contesto della ricerca esistente, affermando: «La maggior parte degli studi si è concentrata su come le persone con tratti psicopatici elaborano emozioni negative e come la loro mancanza di risposta possa spiegare la loro propensione all’aggressività verso gli altri».
«Questo lavoro precedente è importante», aggiunge, «ma non ha affrontato completamente il motivo per cui queste persone faticano a stabilire legami con gli altri. Volevamo indagare su come i ragazzi a rischio di sviluppare psicopatia elaborano emozioni che favoriscono l’affiliazione sociale, come le risate».
Studio sul Contagio della Risata nei Bambini
Per raggiungere questo obiettivo, il Prof. Viding e il suo team hanno esaminato la risposta comportamentale e neurale alla risata in 32 ragazzi di età compresa tra 11 e 16 anni, che presentavano tratti non emotivi e comportamenti dirompenti, oltre a 30 ragazzi con comportamenti dirompenti ma con punteggi bassi per tratti non emotivi.
Gli scienziati hanno anche analizzato 31 bambini di controllo, privi di fattori di rischio psicopatico, abbinati per età, background etnico e socioeconomico. I controlli sono stati anche selezionati in base alla mano dominante e al quoziente intellettivo.
Utilizzando la risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno esaminato l’attività cerebrale di questi bambini mentre ascoltavano risate autentiche, risate «false» e suoni piangenti come distrattori.
Per valutare le loro risposte comportamentali, è stato chiesto ai ragazzi di rispondere a domande come: «Quanto senti che il suono ti unisca e/o ti faccia sentire un’emozione?» e «Quanto il suono riflette una vera emozione?» utilizzando una scala da 0 a 7.
La prima domanda è stata progettata per misurare il contagio soggettivo della risata, mentre la seconda ha valutato la capacità di discernere emotivamente una risata autentica da una falsa.
I risultati hanno mostrato che i bambini con entrambi i fattori di rischio per la psicopatia esprimevano un desiderio notevolmente inferiore di unirsi alle risate rispetto al gruppo di controllo e ai ragazzi distruttivi ma non insensibili.
In aggiunta, i ragazzi a rischio per la psicopatia hanno mostrato una diminuzione dell’attività cerebrale in due aree specifiche: l’insula anteriore e l’area motoria supplementare.
Come spiegano gli autori, studi precedenti di neuroimaging hanno dimostrato che l’udito delle risate tende ad attivare «aree motorie e premotorie», preparandosi per le vocalizzazioni della risata, ossia per l’adesione.
Queste aree rappresentano «un meccanismo neurale per vivere reciprocamente queste emozioni e promuovere la connessione sociale», scrivono gli autori.
«I Segnali Sociali Non Vengono Registrati allo Stesso Modo»
Il Prof. Viding avverte che lo studio non può stabilire una causalità. Tuttavia, afferma che i risultati dovrebbero stimolare ulteriori ricerche sul modo in cui i bambini a rischio di psicopatia e disturbo antisociale di personalità percepiscono e si relazionano all’appartenenza sociale.
I ricercatori sono anche interessati a come il caregiving influisca sulla connessione sociale in questi bambini, suggerendo che una carenza di assistenza potrebbe portare a una scarsa affiliazione sociale. In questo contesto, gli autori sottolineano la necessità di una ricerca longitudinale che segua lo sviluppo di questi bambini nel tempo.
Vorrebbero anche indagare su come i ragazzi a rischio di psicopatia reagiscano a volti sorridenti o manifestazioni di affetto.
«Questi segnali sociali, che ci danno piacere o avvisano automaticamente dell’angoscia altrui», spiega il Prof. Viding, «non vengono registrati allo stesso modo per questi bambini».
«Ciò non significa che questi bambini siano destinati a diventare antisociali o pericolosi», aggiunge. «Piuttosto, queste scoperte offrono nuove prospettive su perché spesso prendano decisioni diverse rispetto ai loro coetanei».
«Stiamo solo ora iniziando a sviluppare una comprensione di come i processi sottostanti al comportamento prosociale possano differire in questi bambini: tale comprensione è fondamentale se vogliamo migliorare gli attuali approcci terapeutici per i bambini affetti e sostenere le loro famiglie in difficoltà».
Prof. Essi Viding
Nuove Scoperte e Ricerche Future
Recenti studi hanno iniziato a esaminare il legame tra le esperienze precoci di vita e la predisposizione a comportamenti antisociali nei bambini a rischio. È emerso che un ambiente familiare instabile può amplificare la mancanza di empatia e la difficoltà nel riconoscere emozioni sociali. Inoltre, è fondamentale considerare il ruolo della genetica, che potrebbe influenzare la vulnerabilità alla psicopatia.
La ricerca futura dovrebbe anche concentrarsi su interventi precoci e strategie di supporto che possano favorire lo sviluppo di abilità sociali e relazionali nei bambini identificati come a rischio. Comprendere come questi fattori interagiscono può rivelarsi cruciale per prevenire lo sviluppo di comportamenti antisociali in età adulta.
In sintesi, mentre il campo della psicologia infantile e della psicopatologia continua a evolversi, è essenziale rimanere aggiornati con le ultime scoperte per affrontare in modo efficace le sfide che questi bambini affrontano e fornire loro il supporto di cui hanno bisogno.