I pazienti sottoposti a chemioterapia per cancro al seno spesso segnalano un calo duraturo del funzionamento cognitivo. Una nuova ricerca si propone di identificare quale farmaco provoca i peggiori deficit cognitivi.
Questo noto effetto, soprannominato «chemobrain», rappresenta un significativo fattore negativo nella vita delle pazienti con cancro al seno che sono riuscite a superare la malattia.
La radioterapia ha già dimostrato di avere effetti negativi sulle prestazioni cognitive, e sta emergendo sempre più chiaramente che anche la chemioterapia presenta problematiche simili.
Molti pazienti riportano una sensazione di torbidità mentale durante e dopo il trattamento.
Il chemobrain è stato oggetto di studi in passato, ma fino ad ora non erano stati confrontati gli effetti di diversi regimi farmacologici.
Una recente ricerca pubblicata ha confrontato gli effetti del trattamento basato su antracicline con quelli non antracicline sul funzionamento cognitivo e sulla connettività cerebrale dopo la chemioterapia.
Questa è la prima volta che due corsi di trattamento sono stati messi a confronto riguardo ai risultati del chemobrain.
Cos’è il chemobrain?
Il chemobrain è noto per ridurre significativamente la qualità della vita nelle donne che hanno subito chemioterapia per cancro al seno e sono sopravvissute per raccontarlo.
Gli studi di neuroimaging suggeriscono che la chemioterapia possa causare lesioni diffuse nel cervello, aumentando così la vulnerabilità a future neurodegenerazioni.
I sintomi segnalati del chemobrain possono includere:
- Dimenticanza di informazioni che normalmente si ricorderebbero facilmente
- Perdita di concentrazione e riduzione della capacità di attenzione
- Difficoltà nel multitasking
- Dimenticanza di parole, date ed eventi comuni
- Maggiore tempo necessario per completare le attività, con facilità di distrazione.
Ricerche precedenti hanno rivelato che alcune di queste perdite cognitive potrebbero derivare, in parte, da cambiamenti nella rete in modalità predefinita del cervello.
Questa rete include le regioni parietali, il cingolo, il frontale mediale, il medio temporale e il lato parietale del cervello, oltre all’ippocampo. Si ritiene che tale rete sia coinvolta nell’apprendimento implicito, nel monitoraggio e nell’allocazione delle risorse neurali a vari processi cognitivi.
Il gruppo basato sull’antraciclina ha peggiorato le attività di memoria verbale
Lo studio attuale è stato diretto da Shelli R. Kesler, PhD, del MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas a Houston, e dal dott. Douglas W. Blayney, della Stanford University School of Medicine in California.
La ricerca ha utilizzato dati retrospettivi di 62 sopravvissuti al cancro al seno che avevano terminato il trattamento almeno 2 anni prima. Di questo gruppo, 20 erano stati trattati con chemioterapia a base di antracicline, 19 con farmaci non antracicline e i rimanenti 23 non avevano ricevuto alcuna chemioterapia.
Gli autori riconoscono che il campione è relativamente piccolo, ma i risultati ottenuti possono stimolare ulteriori ricerche.
I test neuropsicologici e la risonanza magnetica funzionale (fMRI) sono stati utilizzati per valutare lo stato cognitivo e la connettività cerebrale delle donne partecipanti.
Il team ha scoperto che le donne nel gruppo con antracicline si sono comportate significativamente peggio nelle attività di memoria verbale e hanno mostrato una connettività cerebrale inferiore.
Inoltre, i risultati riferiti dai pazienti riguardo la disfunzione cognitiva e il disagio psicologico erano superiori in entrambi i gruppi chemioterapici rispetto al gruppo non chemioterapico.
Il precuno e i suoi vicini
Sebbene sia un’area del cervello relativamente poco studiata, il ruolo del precuneus appare cruciale. Il precuno e le aree circostanti presentano il più alto tasso metabolico a riposo nel cervello, indicando che hanno un compito importante da svolgere.
È ritenuto coinvolto in una serie di compiti integrati, come l’elaborazione di immagini visuospaziali e il recupero di ricordi autobiografici.
Le connessioni tra il precuno e le regioni parietali, frontali, ippocampali e laterali risultano carenti nei cervelli del gruppo trattato con antracicline. Questa mancanza di collegamento potrebbe compromettere l’efficienza dell’elaborazione delle informazioni e ridurre le risposte nei compiti cognitivi.
Per quanto riguarda i meccanismi alla base della degenerazione della connettività in queste specifiche aree cerebrali, sono in corso discussioni. Una teoria suggerisce un coinvolgimento delle citochine: la chemioterapia a base di antracicline è stata associata a un rilascio maggiore di citochine proinfiammatorie, il che potrebbe aumentare la neuroinfiammazione e contribuire al problema.
Un’altra area di interesse riguarda gli effetti dello stress ossidativo sul cervello. La chemioterapia è stata trovata in grado di generare specie reattive dell’ossigeno, riducendo nel contempo la capacità del paziente di reagire e liberare sostanze dannose, portando a danni diretti ai neuroni.
Gli autori concludono:
«Questi risultati dovrebbero essere considerati preliminari, tenendo conto delle limitazioni dello studio, in particolare delle dimensioni del campione e del design retrospettivo e trasversale.»
È necessario condurre studi più ampi e prospettici che includano valutazioni pre-trattamento e post-trattamento, affinché le traiettorie cognitive e neurobiologiche individuali dei pazienti possano essere valutate in relazione ai potenziali effetti neurotossici associati all’antraciclina.
La chemioterapia, la sua efficacia e le sue conseguenze sono giustamente sotto costante osservazione. Con il tempo, il fenomeno del chemobrain sarà senza dubbio compreso meglio e potrebbe divenire prevenibile.
Nuove Ricerche e Prospettive Future
Recenti studi hanno anche esplorato l’efficacia di farmaci che prevengono la nausea indotta dalla chemioterapia, evidenziando potenziali strategie per mitigare gli effetti collaterali cognitivi. Ad esempio, l’uso di agenti antiemetici potrebbe ridurre lo stress psicologico associato alla chemioterapia, contribuendo a migliorare la qualità della vita delle pazienti. Inoltre, la ricerca continua a investigare come le terapie integrative, come la meditazione e l’esercizio fisico, possano fornire un supporto cognitivo e psicologico durante il trattamento oncologico. Infine, si spera che l’identificazione di biomarcatori specifici possa facilitare una personalizzazione del trattamento, riducendo così l’impatto del chemobrain e migliorando gli esiti complessivi per le pazienti oncologiche.