Impianto Vaginale Innovativo per la Prevenzione dell’HIV

I ricercatori in Canada hanno sviluppato un impianto vaginale innovativo che mira a proteggere le donne dalla diagnosi di HIV.

Un campione di sangue analizzato in laboratorio per studiare l'HIV

In un articolo recentemente pubblicato, i ricercatori riportano come hanno testato con successo l’impianto vaginale negli animali da laboratorio.

L’HIV, il virus responsabile dell’AIDS, sfrutta le cellule T immunitarie per replicarsi e diffondersi. Un’importante via di trasmissione avviene nel tratto genitale femminile.

Il nuovo impianto vaginale rilascia lentamente farmaci che mantengono le cellule T del tratto genitale femminile in uno stato di riposo o «quiescente», risultando meno favorevole per il virus.

A differenza delle cellule T attivate, le cellule T quiescenti bloccano le prime fasi del ciclo vitale dell’HIV, rendendo la trasmissione «ampia inefficace».

Alcuni operatori sessuali sono naturalmente immuni dall’HIV

L’autore senior dello studio, Emmanuel Ho, professore presso la School of Pharmacy dell’Università di Waterloo in Canada, ha avuto l’idea di questo impianto anti-HIV vaginale dopo aver studiato lavoratori del sesso in Kenya, nell’Africa orientale.

Lì, hanno osservato che molte lavoratrici del sesso femminile non sviluppavano l’infezione, nonostante avessero rapporti con clienti sieropositivi.

Ulteriori indagini hanno rivelato che la naturale resistenza delle donne all’HIV è dovuta al fatto che le loro cellule T immunitarie rimangono in uno stato di quiescenza.

Realizzando ciò, i ricercatori si sono chiesti se fosse possibile indurre la quiescenza delle cellule T nel tratto genitale femminile tramite farmaci.

Questo approccio potrebbe «fornire un’eccellente strategia orientata alle donne contro la trasmissione dell’HIV», come indicato nel loro articolo di studio.

Il Prof. Ho spiega che hanno scelto di sviluppare un impianto vaginale piuttosto che un farmaco orale perché «alcuni farmaci assunti per via orale non raggiungono mai il tratto vaginale».

Un impianto vaginale capace di bloccare l’HIV potrebbe rappresentare un metodo più economico e affidabile per prevenire la trasmissione, aggiunge.

L’impianto induce «uno stato quiescente immune»

Attualmente, ci sono 36,7 milioni di persone che vivono con l’HIV o l’AIDS nel mondo, tra cui 2,1 milioni di bambini sotto i 15 anni.

La maggior parte dei 160.000 bambini con nuova diagnosi di HIV ogni anno si trova nell’Africa sub-sahariana. Le loro madri possono trasmettere il virus durante la gravidanza, il parto o l’allattamento.

L’impianto è un tubo cavo poroso, ripieno di un farmaco che viene rilasciato lentamente e assorbito nelle pareti del tratto genitale femminile. Il tubo è dotato di due braccia flessibili che ne impediscono il movimento.

Nel loro studio, i ricercatori hanno riempito l’impianto vaginale con idrossiclorochina e lo hanno testato nei conigli.

L’impianto ha causato una significativa riduzione delle cellule T attivate, dimostrando di indurre «uno stato quiescente immunitario» nei tratti genitali delle conigliette.

«Quello che non sappiamo ancora è se questa possa essere un’opzione autonoma per prevenire la trasmissione dell’HIV o se possa funzionare meglio in combinazione con altre strategie di prevenzione», afferma il Prof. Emmanuel Ho.

«Miriamo a rispondere a queste domande con ricerche future», conclude.

Prospettive di Ricerca Futura

Nel 2024, è fondamentale continuare a esplorare nuove tecnologie e metodi di prevenzione dell’HIV. Recenti studi hanno evidenziato l’importanza di approcci innovativi come gli impianti vaginali, che offrono un’opzione promettente per le donne, specialmente in contesti ad alta incidenza di HIV. È essenziale integrare queste ricerche con dati clinici e feedback delle comunità per garantire che le soluzioni siano efficaci e accessibili.

Inoltre, l’educazione e la sensibilizzazione sulla salute sessuale rimangono cruciali. Le donne devono essere informate sulle opzioni disponibili e sulle strategie di prevenzione per prendere decisioni consapevoli. La collaborazione tra scienziati, operatori sanitari e comunità sarà vitale per affrontare questa crisi sanitaria globale e migliorare la qualità della vita di milioni di persone colpite dall’HIV.

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