Rischi A Lungo Termine Di Ictus Ricorrente Nei Sopravvissuti

I sopravvissuti a un ictus o a un mini-ictus, spesso dimessi dai servizi di prevenzione dell’ictus secondario senza complicazioni precoci, si trovano a fronteggiare un rischio significativo a lungo termine. Una recente ricerca ha dimostrato che queste persone rimangono vulnerabili a ictus, infarti e decessi per almeno cinque anni dopo l’evento iniziale.

Un medico con un blocco per appunti che discute di ictus.

Lo studio, condotto dal dott. Richard Swartz, neurologo presso il Sunnybrook Health Sciences Center in Ontario, Canada, ha rivelato risultati preoccupanti. Le scoperte sono state pubblicate in importanti riviste scientifiche, sottolineando la gravità della situazione.

Negli Stati Uniti, l’ictus rappresenta la quinta causa di morte, con oltre 130.000 vittime ogni anno. Ogni anno, più di 795.000 adulti americani subiscono un ictus, e circa 185.000 di questi pazienti hanno già avuto un ictus in passato.

Le ricerche indicano che il rischio di ictus ricorrente è particolarmente elevato nei primi giorni dopo l’evento iniziale, in particolare nei 90 giorni successivi. Questo ha portato a concentrare le strategie di prevenzione secondaria su questo periodo critico.

Studi condotti su popolazioni hanno evidenziato che, oltre ai rischi a breve termine, il rischio di ictus ricorrenti e decessi rimane elevato anche nel lungo periodo, con stime che parlano di un rischio del 18% a 5 anni e del 44% a 10 anni dopo il primo ictus o TIA.

Il dott. Swartz sottolinea l’importanza di mantenere attive le strategie di riduzione del rischio, il supporto medico e le scelte di vita sane anche anni dopo un evento iniziale, poiché il rischio non svanisce.

Nonostante i dati siano disponibili per stimare i rischi durante il primo periodo ad alto rischio, ci sono poche informazioni sul rischio a lungo termine nei soggetti che non presentano complicazioni precoci dopo un ictus o TIA.

Il team del Dr. Swartz ha cercato di determinare i rischi a lungo termine per i pazienti che erano sopravvissuti a un ictus ischemico iniziale e non avevano avuto ulteriori eventi avversi nei 90 giorni successivi alla dimissione.

Marcatore Di Sopravvivenza Per Ictus A Lungo Termine

Lo studio ha analizzato i dati di 26.366 pazienti dimessi dai centri regionali per l’ictus in Ontario tra luglio 2003 e marzo 2013, dopo un ictus o TIA senza complicazioni nei primi 90 giorni.

I casi sono stati abbinati a 263.660 partecipanti di controllo, ossia individui senza esperienza di ictus, considerando età, sesso e posizione geografica.

I risultati hanno mostrato che il gruppo senza complicazioni precoci presentava un rischio significativamente più elevato di complicazioni a lungo termine rispetto ai controlli.

Un anno dopo l’evento iniziale, il 9,5% dei pazienti post-ictus aveva subito un evento avverso, come un altro ictus, un infarto, un ricovero per cure a lungo termine o un decesso. Questa percentuale è aumentata al 23,6% a 3 anni e al 35,7% a 5 anni.

«Questi risultati evidenziano l’urgenza di una gestione a lungo termine dei fattori di rischio modificabili, come l’ipertensione, il monitoraggio e il trattamento di aritmie, la cessazione del fumo e l’incremento dell’attività fisica», afferma il Dr. Swartz.

Le strategie di riduzione del rischio a lungo termine potrebbero includere programmi di riabilitazione cardiaca personalizzati per i sopravvissuti all’ictus, da seguire per anni, piuttosto che per mesi, dopo l’evento. È fondamentale integrare la gestione a lungo termine nelle pratiche di assistenza primaria.

«Per i sopravvissuti a un ictus o TIA, il rischio a lungo termine di ictus ricorrente è particolarmente elevato, indicando che la prevenzione della recidiva di ictus è l’intervento più significativo», concludono i ricercatori.

Nuove Prospettive e Studi Recenti

Nel 2024, emergono nuovi studi che supportano queste scoperte e offrono ulteriori spunti per la gestione dei pazienti. Recenti ricerche hanno identificato l’importanza della telemedicina nella sorveglianza post-ictus, consentendo ai medici di monitorare da remoto i segni vitali e i parametri di salute dei pazienti. Questo approccio ha dimostrato di migliorare l’aderenza alle terapie e ridurre gli eventi avversi.

Inoltre, dati recenti suggeriscono che l’integrazione di tecniche di mindfulness e programmi di supporto psicologico può contribuire significativamente a migliorare la qualità della vita dei sopravvissuti all’ictus, riducendo l’ansia e la depressione, fattori che possono influenzare negativamente la loro salute generale.

Le statistiche attuali indicano che l’adozione di uno stile di vita sano, con un’alimentazione equilibrata e attività fisica regolare, può abbattere il rischio di ictus ricorrenti fino al 30%, rendendo essenziale l’educazione dei pazienti e il coinvolgimento delle famiglie nel processo di recupero.

In conclusione, è cruciale che i medici e i professionisti della salute continuino a sensibilizzare i pazienti su questi rischi a lungo termine e sull’importanza di seguire piani di prevenzione personalizzati, affinché possano vivere una vita sana e attiva dopo un ictus.

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