I ricercatori hanno scoperto un metodo innovativo per raggiungere i fattori di crescita che promuovono lo sviluppo delle cisti nella malattia del rene policistico (PKD). Questa scoperta apre la strada a una riproposizione di numerosi farmaci esistenti per affrontare questo disturbo genetico.
La malattia renale policistica è la malattia renale ereditaria più diffusa al mondo, colpendo circa 12 milioni di persone senza una cura conosciuta.
Nella PKD, le cisti piene di liquido crescono progressivamente nei reni, danneggiando i tessuti sani e portando a complicazioni gravi come insufficienza renale e ipertensione.
Un nuovo studio condotto dall’Università della California di Santa Barbara (UCSB) propone l’uso di anticorpi terapeutici. Queste terapie biologiche, già ampiamente utilizzate per il trattamento di varie malattie, dal cancro a disturbi autoimmuni, potrebbero rivelarsi fondamentali anche per la PKD.
Le terapie biologiche normalmente impiegano anticorpi della classe immunoglobulina-G (IgG) per bloccare l’attività di specifiche proteine o fattori di crescita. Tuttavia, nella PKD, i fattori di crescita che stimolano la crescita delle cisti sono intrappolati nel lume, la cavità centrale delle cisti, dove gli anticorpi IgG non possono accedere.
I ricercatori dell’UCSB, guidati da Thomas Weimbs, professore di biologia molecolare, cellulare e dello sviluppo, hanno scoperto che un’altra classe di anticorpi, le immunoglobuline-A (IgA), riesce a penetrare nella parete delle cisti e a entrare nel lume.
Nuove Scoperte sull’Utilizzo delle IgA nella PKD
Tre informazioni chiave hanno portato a questa scoperta. Le osservazioni precedenti del Prof. Weimbs, che studia la PKD da oltre dieci anni, sono state fondamentali.
La prima informazione riguardava il modo in cui le IgA possono attraversare uno strato cellulare legandosi ai recettori topolimerici dell’immunoglobulina (pIgR). La seconda informazione indicava che un fattore di trascrizione chiamato STAT6 risulta iperattivo nella PKD. Infine, il Prof. Weimbs ricordava che STAT6 aveva dimostrato di attivare l’espressione di pIgR in altri organi.
Il momento «aha» è arrivato quando ha collegato queste informazioni: «Ho pensato che, poiché STAT6 è molto attivo nei reni policistici, potrebbe anche esprimere un elevato numero di pIgR. E così è stato: abbiamo testato questa ipotesi su modelli murini e nei tessuti umani affetti da PKD, riscontrando livelli elevati di pIgR nelle cisti renali.»
Iniettando IgA nei topi affetti da PKD, il team ha osservato che circa il 7% delle IgA iniettate rimaneva intrappolato all’interno dei lumi cistici.
Il Prof. Weimbs suggerisce che questo indica che alcune IgA vengono catturate nelle cisti, rimanendo intrappolate poiché non hanno modo di uscire: «Abbiamo quindi trovato un modo per sfruttare il sistema pIgR per indirizzare questi anticorpi specificamente verso le cisti renali.»
Un passo cruciale resta da compiere prima che questa scoperta possa tradursi in nuove opzioni terapeutiche per la PKD: trovare un modo per convertire gli anticorpi IgG in IgA affinché possano accedere alle cisti e bersagliare i fattori di crescita.
Se questo obiettivo verrà raggiunto, secondo il Prof. Weimbs, «la nostra strategia permetterà il riutilizzo di migliaia di monoclonali già sviluppati, aprendo così una nuova classe di terapie finora non utilizzate per la PKD».
Nel frattempo, un altro team di ricercatori ha segnalato di aver sviluppato un nuovo approccio per trattare la PKD, mirato ai vasi sanguigni che circondano le cisti, un’area che merita ulteriori esplorazioni e potrebbe portare a nuove speranze per i pazienti.
In conclusione, la ricerca sulla malattia del rene policistico sta facendo passi da gigante, e con l’emergere delle immunoglobuline-A come potenziale strumento terapeutico, si aprono nuove prospettive per il trattamento di questa malattia complessa e debilitante.