Trattamento Innovativo per Prostata Ingrandita: Sollievo e Sicurezza

La prostata ingrossata, nota anche come iperplasia prostatica benigna (IPB), è una condizione che colpisce la maggior parte degli uomini dopo i 50 anni. Questo disturbo può portare a frequenti viaggi notturni in bagno e a vari problemi di salute legati all’apparato urinario. Recentemente, i risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti e presentati durante una conferenza scientifica, hanno messo in luce un trattamento minimamente invasivo chiamato embolizzazione dell’arteria prostatica (PAE). Questa tecnica promette di ridurre la prostata alle dimensioni giovanili, diminuendo il flusso sanguigno all’organo, e offre un significativo sollievo dai sintomi, aiutando gli uomini a evitare interventi chirurgici più invasivi.

L’autore principale dello studio, Dr. Sandeep Bagla, dell’ospedale Inova Alexandria in Virginia, ha dichiarato: «Quasi tutti gli uomini alla fine soffrono di ingrossamento della prostata con l’età, e questo trattamento è quasi come tornare indietro nel tempo, restituendo loro la prostata della giovinezza».

I risultati preliminari sono stati presentati al 38° meeting scientifico annuale della Society of Interventional Radiology a New Orleans. Bagla ha evidenziato che i farmaci attualmente disponibili non sono molto efficaci per trattare l’IPB. Anche se la chirurgia può risolvere il problema, porta con sé rischi e potenziali effetti collaterali gravi come impotenza e incontinenza.

«L’PAE rappresenta un’alternativa minimamente invasiva e a basso rischio che sembra ridurre i sintomi nella maggior parte dei pazienti», ha affermato Bagla, specialista in radiologia interventista.

Iperplasia prostatica benigna (BPH)

La prostata è un organo situato sotto la vescica negli uomini, il cui compito principale è quello di produrre un fluido che protegge e nutre gli spermatozoi. L’uretra, il tubo che porta l’urina dalla vescica all’esterno, attraversa la prostata.

Negli uomini giovani e sani, la prostata ha dimensioni simili a quelle di una noce, lasciando ampio spazio all’uretra. Tuttavia, con l’avanzare dell’età, molti uomini sperimentano l’iperplasia prostatica benigna (IPB). Questa condizione è causata da una crescita cellulare eccessiva che porta l’organo a ingrandirsi, comprimendo l’uretra e ostacolando il flusso urinario. Nei casi più gravi, gli uomini possono trovarsi nell’impossibilità di urinare.

Statisticamente, l’IPB colpisce più della metà degli uomini over 50 e oltre l’80% degli uomini over 80. Sebbene non sia una condizione pericolosa per la vita, può causare sintomi spiacevoli e a volte debilitanti, come la necessità di urinare frequentemente di notte, un flusso urinario debole e difficoltà a svuotare completamente la vescica. Se trascurata, può portare a complicazioni come calcoli alla vescica, insufficienza renale e infezioni.

L’IPB può essere trattata con farmaci, ma nei casi più avanzati è necessario ricorrere a una procedura chirurgica chiamata resezione trans-uretrale della prostata (TURP), che viene eseguita in anestesia generale. Durante questa procedura invasiva, il chirurgo inserisce uno strumento attraverso il pene per rimuovere parte della prostata ingrandita, solitamente comportando una degenza in ospedale con un catetere.

I radiologi interventisti, come il Dr. Bagla, trattano sia condizioni oncologiche che non oncologiche attraverso una procedura meno invasiva chiamata «embolizzazione». Questa tecnica consiste nel bloccare il flusso sanguigno all’organo interessato, provocandone la riduzione. Nel caso specifico della prostata, si parla di embolizzazione prostatica (PAE), che permette di restituire all’uretra il passaggio libero che aveva in precedenza.

I risultati dei primi studi mostrano che PAE riduce i sintomi dell’IPB

Il Dr. Bagla e il suo team hanno riportato risultati molto promettenti dai loro studi preliminari, anche se non sono ancora stati pubblicati su riviste scientifiche peer-reviewed. Durante la conferenza, hanno riferito che 13 dei 14 partecipanti (92%) che hanno ricevuto il trattamento PAE per l’ingrossamento della prostata, hanno riportato una riduzione significativa dei sintomi entro un mese.

Nessuno dei partecipanti ha manifestato gravi effetti collaterali come impotenza, infezione o perdite urinarie, e la maggior parte è tornata a casa lo stesso giorno del trattamento.

Bagla ha osservato che i partecipanti hanno riferito di aver vissuto un vero e proprio cambiamento nella loro qualità della vita, con alcuni uomini che hanno smesso completamente di assumere farmaci per la prostata. Inoltre, ha aggiunto: «I pazienti che non hanno trovato sollievo attraverso la chirurgia o i trattamenti laser hanno tratto beneficio dal PAE, poiché non comporta l’inserimento di un catetere, riducendo quindi il rischio di restringimento dell’uretra, incontinenza o sanguinamento».

I risultati preliminari confermano quelli già riportati da radiologi interventisti in Europa e Sud America.

Fase successiva: uno studio più ampio sull’efficacia clinica con follow-up

Il team sta attualmente reclutando 30 partecipanti per il primo studio prospettico negli Stati Uniti volto a valutare l’efficacia dell’PAE nel trattamento della prostata ingrossata. Si prevede di completare lo studio, che esaminerà la sicurezza e l’efficacia clinica del PAE, entro l’autunno 2024.

In seguito, i pazienti verranno seguiti per un periodo di due anni per valutare i risultati a lungo termine.

Il Dr. Bagla ha sottolineato che «tutti i pazienti sono alla ricerca del trattamento meno invasivo con il rischio minore», e ha notato che milioni di uomini sono riluttanti a sottoporsi a interventi chirurgici, poiché temono di dover affrontare effetti collaterali come l’incontinenza o l’impotenza.

Nel 2011, uno studio condotto su 1.000 medici in 15 paesi ha rivelato che gli uomini con BPH vengono trattati in modo diverso a seconda della loro localizzazione geografica, come riportato nella rivista di urologia BJUI.

Scritto da Catharine Paddock PhD

Prospettive Future e Ricerche Recenti

Negli ultimi anni, la ricerca sull’IPB e sui trattamenti correlati ha fatto notevoli progressi. Nuovi studi hanno mostrato che la PAE non solo allevia i sintomi, ma migliora anche la qualità della vita dei pazienti. Ad esempio, una recente meta-analisi ha evidenziato come i pazienti sottoposti a PAE riportino punteggi significativamente migliori nelle scale di valutazione della qualità della vita rispetto a quelli trattati con metodi tradizionali.

Inoltre, ci sono stati sviluppi promettenti nell’uso di tecnologie avanzate per l’embolizzazione, che potrebbero ulteriormente migliorare l’efficacia e la sicurezza della procedura. La combinazione di tecnologie innovative e approcci minimamente invasivi rappresenta una svolta nel trattamento dell’IPB, e la comunità medica è in attesa di ulteriori risultati da studi in corso che possano confermare questi benefici a lungo termine.

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