Uso di Paracetamolo in Gravidanza e Rischio di Autismo e ADHD

L’acetaminofene, comunemente noto come paracetamolo, è uno dei pochi antidolorifici generalmente considerati sicuri durante la gravidanza. Tuttavia, recenti studi hanno sollevato preoccupazioni, suggerendo un possibile legame tra l’uso di questo farmaco in gravidanza e l’insorgenza di sintomi di autismo e disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) nei bambini.

Donna incinta che tiene un farmaco in mano

Un’importante ricerca condotta dal Centro di ricerca sull’epidemiologia ambientale (CREAL) a Barcellona ha pubblicato risultati che meritano attenzione. Questo studio ha coinvolto un campione significativo di donne in gravidanza, cercando di chiarire l’associazione tra l’uso di paracetamolo e l’ADHD nella prole, oltre a indagare se ci fosse un legame con l’autismo.

È ben noto che circa il 65% delle donne incinte negli Stati Uniti utilizza questo farmaco per alleviare il dolore. Sebbene sia generalmente considerato sicuro, è fondamentale che ogni futura mamma consulti un medico prima di assumere qualsiasi medicinale. Uno studio del 2010 dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) non aveva riscontrato un aumento del rischio di difetti alla nascita legati al paracetamolo nel primo trimestre di gravidanza, e alcuni studi avevano addirittura suggerito che potesse ridurre questo rischio.

Tuttavia, dal 2014 in poi, sono emerse evidenze che l’uso di paracetamolo in gravidanza potrebbe interferire con lo sviluppo neurocognitivo del feto. In particolare, è stato osservato che le madri che facevano uso di paracetamolo durante la gravidanza avevano maggiori probabilità di avere bambini con comportamenti associati all’ADHD.

Valutare il legame tra paracetamolo e ADHD, autismo

Nello studio condotto da Claudia Avella-Garcia e il suo team, sono state incluse 2644 donne in gravidanza. A 12 e 32 settimane di gestazione, le partecipanti hanno compilato un questionario riguardante l’uso di paracetamolo nei mesi precedenti e durante la gravidanza. Il team ha anche cercato di valutare la frequenza d’uso, anche se non è stato possibile quantificare le dosi esatte.

Il neuropsicologo ha esaminato lo sviluppo dei bambini, scoprendo che l’88% della progenie femminile è stata valutata all’età di 1 anno e il 79,9% a 5 anni. A 1 anno, è stato utilizzato il Bayley Scales of Infant Development (BSID), mentre a 5 anni sono stati somministrati diversi test, tra cui il McCarthy Scales of Children’s Abilities (MCSA) e il Childhood Autism Spectrum Test (CAST).

Esposizione al paracetamolo prenatale legata ai sintomi dell’autismo nei ragazzi

I risultati dello studio hanno mostrato che il 43% dei bambini esaminati a 1 anno e il 41% di quelli a 5 anni erano nati da madri che avevano utilizzato acetaminofene nelle prime 32 settimane di gravidanza. Rispetto ai bambini le cui madri non avevano assunto il farmaco, quelli esposti al paracetamolo avevano il 30% di probabilità in più di presentare problemi di attenzione a 5 anni, spesso correlati all’ADHD o all’autismo.

Inoltre, i bambini esposti al paracetamolo durante la gravidanza mostravano una maggiore predisposizione a sintomi di iperattività o impulsività. Quelli con esposizione persistente al farmaco hanno ottenuto punteggi inferiori nei test di attenzione, impulsività e velocità di elaborazione visiva.

Particolarmente significativi sono stati i risultati legati ai ragazzi, che presentavano una maggiore incidenza di sintomi clinici di autismo rispetto alle ragazze. Avella-Garcia ha spiegato che il cervello maschile potrebbe essere più vulnerabile a influenze dannose durante la prima infanzia, suggerendo che la rottura endocrina androgenica potrebbe contribuire a questa associazione.

In generale, i ricercatori avvertono che i bambini esposti al paracetamolo in utero potrebbero essere a maggior rischio di sviluppare sintomi di autismo o ADHD. «Anche se misuriamo solo i sintomi e non le diagnosi, un aumento del numero di sintomi osservati può influenzare il bambino, anche se non sono sufficientemente gravi da giustificare una diagnosi clinica», ha dichiarato Avella-Garcia.

Sicurezza per le donne incinte

Sebbene non siano stati identificati meccanismi chiari attraverso cui il paracetamolo potrebbe essere collegato all’autismo o all’ADHD, i ricercatori indicano che il farmaco agisce sui recettori dei cannabinoidi nel cervello, potenzialmente compromettendo la connettività neuronale. Potrebbe anche influire sullo sviluppo del sistema immunitario, risultare tossico per alcuni feti o generare stress ossidativo.

Il dottor James Cusack, direttore della scienza presso l’ente britannico Autistica, rassicura le future mamme: «Questo studio non fornisce prove sufficienti per affermare che ci sia una forte associazione tra l’uso di paracetamolo e i sintomi di autismo. I risultati sono preliminari e non dovrebbero destare preoccupazione nelle famiglie.» Ha inoltre sottolineato l’importanza di ulteriori ricerche per chiarire la questione.

Nuove prospettive e ricerche future

Nel 2024, è fondamentale considerare l’importanza di approfondire ulteriormente il tema dell’esposizione prenatale al paracetamolo. È cruciale che i futuri studi includano un campione diversificato e un monitoraggio approfondito di fattori di confusione. Solo in questo modo sarà possibile determinare se esiste realmente un collegamento tra l’uso di paracetamolo in gravidanza e l’aumento del rischio di autismo e ADHD. Inoltre, è imperativo valutare le differenze di genere e come queste possano influenzare le risposte neurobiologiche ai farmaci. La comunità scientifica deve continuare a lavorare per chiarire i meccanismi sottesi a questi risultati e garantire la sicurezza delle future generazioni.

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